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Cosa sono i miglioratori e perché nel “vero” pane non ci sono

miglioratori

Respirerò l’odore dei granai e pace per chi ci sarà e per i fornai”, recitava un testo di Zucchero.
Da sempre fare il pane è simbolo dell’uomo che lavora, che mette in circolo la sua vita nella quotidianità. Simbolo di semplicità – acqua, farina, lievito (sale) – di terra e concretezza, pazienza, simbolo di bontà… “sei buono come il pane!”, diciamo, dell’essere genuino. Così è il vero pane. Quello che sempre si è fatto, quello semplice e, appunto, genuino. Eppure questa sua semplicità non è ciò che ci attende sempre quando andiamo a comprare il pane… perché mai, vi starete chiedendo chiedendo? Perché fare il pane così, semplicemente, costa. Costa il tempo dell’attesa, costa perché la materia prima sana e buona costa, la farina pura e poco raffinata costa di più, costa perché per fare un buon pane non c’è spazio per l’improvvisazione. Ci vuole esperienza e l’esperienza costa.

Il pane è un alimento davvero vivo, risponde al sole e al vento nel suo essere secco, croccante, risponde alla pioggia e all’umidità nel suo diventare “ciccoso” e pesante. Lievita male se fa caldo, se fa freddo non lievita proprio, si addormenta.

Davvero troviamo il pane nella sua semplicità originaria anche nei banchi dei supermercati?
Ecco, qui rompo la poesia: no. Quella fragranza, friabilità, quella crosta croccante e lucida sono figlie di miscele industriali chiamate miglioratori che, nel loro essere innocui per la salute, in realtà influiscono sulla riuscita del pane.

 

Cosa sono i miglioratori?

Sono composti formati da sostanze, coadiuvanti della lievitazione, che facendo risparmiare il tempo, permettono di stabilizzare la struttura del pane anche in presenza di bassa qualità delle farine. Ne esistono di vari tipi (esiste ad esempio anche il miglioratore per pane senza glutine). In tutte le condizioni rallentano il processo di raffermamento, favoriscono lo sviluppo dell’alveolatura in cottura e stimolano i profumi.
I miglioratori più usati sono questi:

  • Acido ascorbico: composto organico, presente in natura anche sotto forma di vitamica C, aiuta la conservabilità degli alimenti.
  • Mono e digliceridi degli acidi grassi: additivi prodotti sinteticamente che fungono da emulsionanti e stabilizzanti
  • Proteasi, ricavata dal pancreas suino
  • Altri ancora…

Perché l’uso di queste sostanze non è segnalato nelle etichette del pane che compriamo? Perché nel processo di cottura queste sostanze mutano a livello chimico e, una volta cotte, non sono più rintracciabili nel pane, dunque per legge non è obbligatorio segnalarle in etichetta.

Ci “basti” di sapere che sono “farine” (se compriamo un pacco di farina per pane, invece, ci deve essere scritto se c’è). Che sia chiaro, non sono nocivi per la salute se usati entro i limiti e talvolta sono anche di origine naturale come il glutine, il malto, la lecitina di soia (stabilizzante utilizzato molto nel settore alimentare industriale).

La buona notizia è che il lavoro dei miglioratori viene pressoché annullato in presenza di farine di qualità, perciò può tornare la poesia entrando da un vero fornaio che fa un pane col profumo dei granai, il pane artigianale fatto ad arte, non artefatto.

(Mariateresa Biotti)

 

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