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La Quaresima tra digiuno e gastronomia

digiuno quaresimaleQuaresima evoca i quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto, prima della Passione, e per i cristiani coincide con il periodo penitenziale sempre di quaranta giorni, prima della Pasqua. Secondo il rito romano il Mercoledì delle Ceneri è il primo giorno della Quaresima, mentre secondo il rito ambrosiano ha inizio la domenica successiva ed è particolarmente significativo il fatto che la differenza tra i due sia nel conteggio dei giorni di digiuno. Digiuno deriva dal latino ieiunum e da sempre è assurto a simbolo di preghiera (e di protesta). Carlo Magno, nell’805, indisse un giorno di digiuno per scongiurare la carestia; nel 2013 Papa Francesco invece chiede di digiunare una giornata per il Medioriente. Politicamente sono famosi i digiuni del Mahatma Gandhi, che si servì dell’astinenza dal cibo come forma di lotta non violenta, e degli indipendentisti irlandesi come MacSwiney che, prima di morire, resistette oltre due mesi senza mangiare.

Nel Medioevo il termine digiuno assunse un significato leggermente differente da quello odierno: era usato nell’accezione di fare un unico pasto al giorno, dopo il tramonto. Una pratica che ricorda molto da vicino il Ramadan.

La Chiesa Ortodossa segue ancora questa impostazione: per 48 giorni, fino alla notte tra il sabato santo e la domenica di Pasqua, si mangia una sola volta al giorno, alla sera, ma con regole assai complicate: il lunedì e il martedì della prima settimana sono consentiti solo pane e acqua. Lo stesso rigore caratterizza il lunedì, martedì, mercoledì, venerdì e sabato dell’ultima settimana. Per l’intera Quaresima il mercoledì sera si mangia pane con verdure bollite, ma senza olio, e nelle altre sere solo cibo asciutto. Al sabato è permesso aggiungere al pasto frugale un goccio d’olio e un bicchiere di vino. Questo lungo periodo di astinenza conosce però due momenti di allegria e di abbuffate: la festa dell’Annunciazione e la domenica delle Palme.

Il senso del digiuno, storicamente, è andato attenuandosi e a questo si sono affiancati prima e, quindi, sovrapposti i “giorni di magro” indicati dalla Chiesa, che a loro volta imponevano di rinunciare alle carni.

Durante il Medioevo il calendario dei “giorni di magro” era vasto, al punto che, secondo le interpretazioni più estreme, si potevano contare quasi duecento giorni di astinenza parziale o completa nell’arco dell’anno. Il significato di “giorni di magro” era anche estendibile al di là del consumo privato: si trovano ad esempio editti che regolamentano l’attività di vendita dei bottegai. Durante il regno di Carlo Magno (VIII sec.) i trasgressori venivano puniti con la morte. Salvo rare eccezioni, come per i malati e  i bambini, erano vietati lardo, strutto e grassi animali, tutte le carni e persino i rossi delle uova, mentre era ammesso il pesce in tutte le versioni. La lista delle vivande ammesse comprendeva pane, minestroni, zuppe di erbe e farinate, ma anche formaggio (prodotto di cui erano ricchi i monasteri).

La limitazione delle vivande ammesse però è stata anche di stimolo alla creatività. Alla cucina quaresimale infatti si ascrivono specialità come i ravioli emiliani alle erbe o i Culingionis sardi, a base di patate. Altre vivande tipicamente quaresimali erano l’aringa, che nelle case più povere si teneva appesa al camino ed era usata per insaporire il pane solamente sfregandolo, e naturalmente stoccafisso e baccalà che trovarono la loro fortuna proprio alle tavole di magro. Altro alimento graziato dalla quaresima la cioccolata, che nella sua forma liquida era ammessa come corroborante senza interrompere il digiuno quaresimale.

In età moderna, limitazioni alimentari sono tornati di moda e c’è chi ha indicato i quaranta giorni di magro come un modo per tenersi in forma. C’è anche chi ha riabilitato il digiuno vero e proprio come il professor Veronesi: nel 2013 dichiarò di astenersi dal cibo una volta la settimana ormai da molti anni e su questo pubblicò anche il libro “La dieta del digiuno. Perdere peso e prevenire le malattie con la restrizione calorica”. Non sono benefici di carattere fisico: il digiuno una volta la settimana – secondo Veronesi – avrebbe anche un significato etico e di formazione del carattere.

Paolo Massobrio

 

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