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L’e-commerce cresce nel mondo, ma poco in Italia

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L’e-commerce cresce in quasi tutto il mondo, tranne che in Italia. A dire il vero anche altri mercati importanti, come il Brasile, hanno subito un arretramento nella classifica del successo per le vendite online, ma in generale il settore è molto florido.

I dati appena diffusi da una ricerca A.T. Kearney parlano di una crescita complessiva del 21% dal 2013 al 2014, per un giro d’affari di 840 miliardi di dollari su scala planetaria. Cala l’apporto dell’estremo oriente sul totale delle transazioni, infatti Cina, Giappone e Corea del Sud perdono tutti e tre posizioni nella classifica che torna a essere capeggiata dagli Stati Uniti. Da segnalare il terzo posto della Gran Bretagna che ha una spesa online pro capite di assoluta rilevanza.

In generale si osserva un avanzamento dei mercati digitali europei, con Francia, Germania e il sorprendente Belgio nella top ten. I prodotti più commercializzati sono l’elettronica di consumo e l’abbigliamento comprati da oltre tre utenti su quattro.

E l’Italia? Il nostro Paese pare colpito da un attacco involutivo piuttosto evidente. Il crollo nella classifica mondiale è stato verticale: dal 15esimo posto del 2013 (che non rappresentava comunque una grande prestazione) al 22esimo dello scorso anno. Solo Brasile e Argentina hanno fatto peggio, con arretramenti medi di quindici posizioni.

Perché in Italia le vendite online non riescono a ritagliarsi uno spazio maggiore? Nonostante la piccola crescita del mercato interno, il pubblico italiano è molto meno fiducioso nei negozi virtuali, rispetto a quello europeo.
Certamente la lentezza della ripresa economica (sempre che di ripresa si possa parlare) pesa molto ed è un fenomeno quasi esclusivamente italiano.

Altra palla al piede per lo sviluppo del nostro e-commerce è certamente il “digital divide” che attanaglia ancora parte dello Stivale. Certo, la configurazione del territorio italiano non è amica della banda larga, ma ormai la tecnologia wireless e la telefonia mobile permettono scambio di dati in grandi volumi con infrastrutture minime.

L’allargamento del mercato al comparto virtuale, in misura degna di un “livello europeo” potrebbe essere un volano per il rilancio del PIL, ma forse siamo in un paradosso: non si cresce perché non si compra e non si compra perché non si cresce. Per fortuna ogni circolo vizioso può trasformarsi in un circolo virtuoso, basta un’azione decisa, magari proveniente dalle istituzioni.

 

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