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Slivovitz, il distillato dell’Est apprezzato in Italia e nel mondo

Slivovitz

C’è un distillato che accomuna alcuni Paesi dell’Europa orientale, i Balcani e il Friuli Venezia Giulia: lo slivovitz, un’acquavite di prugne selvatiche o coltivate prodotta, per lo più, in Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Croazia, Repubblica ceca, Slovacchia e Slovenia.

Si tratta di un alcolico molto diffuso in questi territori. Nella penisola balcanica, dove viene chiamato rakija, il 70% delle prugne pozega (tipiche delle regioni situate nell’est europeo) è destinato alla produzione dello slivoviz.

Slivovitz, le fasi della produzione

Il processo produttivo che sta alla base della sua realizzazione prevede una tripla distillazione del fermentato di prugne e una maturazione lunga fino a cinque anni. La sua gradazione alcolica arriva al 50%.

La prima fase è costituita dalla raccolta delle prugne mature (che solitamente avviene verso la fine di ottobre) e dalla loro spremitura, che riguarda anche una quantità di noccioli (il 50%), utili per garantire un retrogusto di mandorla. Il succo viene, quindi, fermentato con amidi e zuccheri.

La scelta dell’invecchiamento incide sul colore: se vengono utilizzati i contenitori di vetro, il distillato sarà trasparente; se, invece, ci si avvale delle botti, il colore sarà giallo paglierino.

Slivovitz, come degustarlo

Nei Paesi dell’Est, dove il prodotto continua a rivestire un ruolo centrale, lo slivovitz viene sorseggiato in piccoli bicchieri come aperitivo; in Europa è considerato un ottimo digestivo.

Il gradimento riservato a questa acquavite ha sollecitato alcune realtà artigianali a creare delle versioni adatte a tutte le culture. Alcune produzioni, infatti, rispettano totalmente le regole Kosher, l’insieme dei dettami legati alla nutrizione del popolo ebraico osservante (Kosher Certificate).

In Italia lo slivovitz è prodotto nel Triveneto e, in particolare, in Friuli Venezia Giulia – racconta Matteo Gortani, della distilleria friulana Casato dei Capitani -. Nella mia regione, la produzione di è molto legata alla nostra tradizione carnico-slava. Qui il prodotto, che va dai 42 ai 46 gradi, viene utilizzato non solo come digestivo ma anche come ingrediente in cucina, per preparare piatti tipici, come i cjarsons, e nelle valli del Natisone per intingere la gubana, un dolce caratteristico.

 

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