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Export: avanzo commerciale da record, successo del Made in Italy nel mondo

Avanzo commerciale

Nel bailamme di voci e teorie (più o meno autorevoli) che auspicano l’estensione del fenomeno “Brexit” al nostro Paese, c’è una notizia (passata quasi in secondo piano) che merita un’attenta riflessione: dati alla mano (nello specifico, quelli autorevoli illustrati dall’Istat) hanno dimostrato che il “Made in Italy” proiettato sullo scenario globale rappresenta, sempre più, lo strumento capace di trainare la ripresa.

Il 2016, in particolare, si è concluso con un avanzo commerciale record di 51,6 miliardi di euro (+10 miliardi rispetto al 2015). In altre parole, i beni esportati hanno superato di gran lunga, lo scorso anno, quelli importati. Nessun calo della domanda interna, anzi. All’incremento della spesa domestica, infatti, è seguito uno “scatto” ulteriore sul versante della richiesta estera. In un periodo fortemente caratterizzato dalla minaccia (più o meno velata) del protezionismo, la qualità italiana continua a fare la differenza e si consolida come spina dorsale dell’economia: oltre ai comparti della tecnologia e del fashion, anche l’alimentare nostrano favorisce la scia virtuosa del Made in Italy, con un incremento del 4% e un indotto di 38,4 miliardi di euro.

In una fase storica in cui pesano l’instabilità politica diffusa e il riverbero dei nazionalismi, i numeri e le tendenze dimostrano che la qualità dei prodotti italiani è la ricetta, in prima battuta, per la tenuta del Paese e, in prospettiva, per sostenere l’occupazione e, quindi, i consumi. Certo, occorre favorire questa tendenza con nuove politiche economiche capaci di valorizzare l’enorme patrimonio di micro e piccole imprese sparse sul territorio (si tratta del 94,8% delle imprese totali). Esse, infatti, generano benessere su scala locale proiettandosi, allo stesso tempo, sul mondo grazie al web e alle iniziative votate all’aggregazione. Se da sole faticano a confrontarsi con uno scenario ampio ed articolato, insieme, sfruttando la rete, possono lanciare sé stesse e il sistema-Italia con maggiori margini di successo.

È necessario, insomma, mettere al centro questo fattore di tenuta, premiando anche chi opta per l’innovazione di processo, di prodotto e di marketing: alla fine de 2016, secondo i dati del Ministero dello Sviluppo economico, quelle innovative sono cresciute del 31% rispetto al 2015, consolidando un potenziale ancora inespresso del tutto.

È sufficiente per spostare l’attenzione dell’opinione pubblica su questi temi rinunciando al sensazionalismo scatenato dall’illusione della frattura come antidoto alla crisi?

 

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