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Quando la pubblicità è cattiva maestra

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Vale ancora il motto novecentesco “la pubblicità è l’anima del commercio?” Che sia tuttora attuale o che forse sia stato superato dalle pratiche del marketing “millennial”, è di certo vero che uno spot pubblicitario televisivo ha la forza motrice di un transatlantico e che, proprio per questo, occorre maneggiarlo con cura quando siamo davanti allo schermo.

Da quando abbiamo cominciato a scrivere articoli su Artimondo Magazine, abbiamo battuto su un punto con la regolarità di un martello da fabbro sull’incudine: l’educazione all’acquisto. Non è mai tempo perso, quello dedicato a leggere le etichette, approfondire la conoscenza di un prodotto, indagarne l’origine o ancora a conoscere chi lo vende e lo produce. Quando si tratta di cibo e bevande l’attenzione deve essere doppia!

In questo senso lo spot della sfoglia Buitoni racconta l’esatto contrario di quanto cerchiamo di divulgare seminando i nostri piccoli granelli di consapevolezza: la giovane signora protagonista della pubblicità va a comprare la verdura dall’ortolano, ma è distratta perché parla al cellulare e sbaglia acquisto; se ne accorge solo a casa, poco prima di cucinare la cena per i suoi ospiti e allora risolve la situazione grazie al prodotto industriale che ha in frigorifero.

Non si fa la spesa pensando ad altro! Quello che compriamo poi finirà nei nostri stomaci e curare l’alimentazione equivale a scongiurare la maggior parte delle malattie, comprese quelle più gravi che emergono nel corso di anni di cattive abitudini: tumori, diabete, obesità, solo per citare quelle socialmente più rilevanti.

Il fatto poi che, nello spot, a un errore di distrazione si ponga rimedio grazie a un prodotto industriale, ci fa cadere le braccia! Lungi da noi argomentare sulla qualità di quella sfoglia, noi facciamo “tifo pro” e non “contro”: tifiamo per quei prodotti di cui si possono avere tante informazioni, vale a dire i prodotti artigianali.

“Artigianale” in sé non è sinonimo di genuino, ma certamente l’indagine del consumatore può andare molto più lontano se un cibo (o un oggetto) è creato da qualcuno con un nome, un cognome, una faccia e un indirizzo rintracciabili davvero. Approfondire invece la conoscenza di una produzione industriale può voler dire al massimo leggere un’etichetta, azione già molto importante, ma molto spesso poco esaustiva.

La pubblicità, specie quella televisiva, ha un grande potere che possiamo sfruttare a nostro vantaggio. Occorre fare propria la terza legge di Newton, che dice “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”: qual è la forza contraria al messaggio che ci arriva dallo spot? E’ una direzione praticabile? Mai come nell’esempio della “reclame” della sfoglia Buitoni la possibilità di fare il contrario della protagonista è una possibilità concreta e auspicabile. Occorre discernimento, tanto quando si fa la spesa, quanto davanti al televisore.

 

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