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Annata del grano 2018, Cia-Agricoltori italiani: “Il comparto è in crisi, prezzi bassi e semine al palo”

Annata del grano 2018 - CIA Agricoltori Italiani

Non sono purtroppo confortanti i primi dati relativi alla campagna produttiva 2018 nel comparto del grano duro in Italia, anzi, secondo Cia-Agricoltori Italiani, la situazione è proprio critica nel nostro Paese.

Gli ettari seminati restano 1,3 milioni, ossia più o meno gli stessi della precedente campagna produttiva, c’è stato un timido aumento nella produzione, intorno al 2%, e il raccolto è di circa 4,3 milioni di tonnellate, ma il problema grave riguarda i prezzi di mercato, che sono sempre intorno ai 200 euro a tonnellata e restano dunque molto al di sotto dei costi di produzione.

Per la cultivar Senatore Cappelli i dati sono molto al di sotto delle previsioni, secondo Cia a causa “dell’incapacità dei detentori di varietà, in regine di monopolio, di produrre semi a sufficienza per un mercato in espansione”.

Per quanto riguarda l’import, è diminuito quello dal Canada, mentre Kazakistan, Stati Uniti e Australia si confermano player importanti e ora si affacciano con forza sul mercato anche Messico e Argentina.

In Europa la Francia si presenta con un prodotto competitivo sia per la qualità, sia per la qualità, sia per i prezzi, che sono più contenuti del Durum canadese, ma Sia sottolinea quanto sia preoccupante l’import di grano in contemporanea con la trebbiatura italiana, che fa comprimere ulteriormente i prezzi all’origine del nostro grano.

Cia-Agricoltori Italiani evidenzia anche un altro dato alla luce di questi primi dati diffusi sull’annata del grano 2018 e ancora incompleti e provvisori: l’entrata in vigore del trattato CETA non ha avuto alcun impatto sull’import di grano duro dal Canada. Neanche l’etichettatura obbligatoria ha portato l’auspicato aumento delle semine e il prodotto è ancora quotato molto basso nelle tradizionali borse merci.

Cia conferma che l’Italia è sempre tra i Paesi leader al mondo per la coltivazione di grano duro e primeggia per la produzione della pasta, per questo quello del grano è un comparto vitale e come tale va tutelato e con l’aiuto del ministero deputato, cui viene rivolto un appello, occorre trovare delle risposte concrete a questa crisi.

CIA Puglia: “Annata del grano 2018 appena sufficiente”

Annata del grano 2018 in Puglia

La Puglia è considerata il granaio d’Italia, ma anch’essa registra dati poco confortanti quest’anno. Michele Ferrandino, presidente di CIA Capitanata, ha spiegato:

“C’è stata una produzione inferiore rispetto al 2017, soprattutto a causa del clima sfavorevole in alcune zone, ma con un elevato tenore proteico. Registriamo però una diminuzione delle importazioni dall’estero, conseguenza del grano rimasto invenduto nei depositi in Capitanata. Parliamo di circa 400mila quintali di grano residuo del 2016 e 2017. Ad oggi, sono arrivati un milione e mezzo di quintali di grano francese, circa un milione e quattrocentomila quintali di grano canadese, dall’Australia 1,6 milioni di quintali e 1,750 milioni dal Kazakistan. Hanno scaricato anche il messicano. L’industria molitoria giustifica le importazioni con la produzione inferiore rispetto alle esigenze quantitative, ma non è una scusa plausibile”

Ferrandino ha sottolineato che alcuni contratti di filiera non hanno funzionato e dunque vanno al più presto rivisti, per renderli omogenei e più flessibili. In particolare il prezzo non soddisfa la parte agricola e ci sono difficoltà nella vendita, perché c’è meno richiesta del grano locale.

Intanto il presidente di CIA Puglia, Raffale Carrabba, continua la sua battaglia per portare la Cun del grano, ossia la Commissione unica nazionale, a Foggia. Da più di due anni il capoluogo danno è candidato a ospitarla, ma Carrabba avverte:

“Non vorremmo che una volta accantonata l’annata granaria, la battaglia per istituire la Cun a Foggia finisse nel dimenticatoio. Sin dal primo momento ci siamo battuti per far valere la candidatura del capoluogo dauno. Però non illudiamoci che la Cun possa portare un reddito maggiore, erronea convinzione che si sta diffondendo. Non è questo il principio. Ma la Cun può garantire finalmente regole certe e trasparenza nelle quotazioni“.

 

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