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Ape Social Wear: quando la moda è solidale

All’Artigiano in Fiera uno degli stand che suscitano più curiosità è quello del brand del brand tutto italiano A.p.E. Social Wear, creato da Alessandro Ferrari, un giovane designer che è riuscito a coniugare la sua passione per la moda e quella per l’educazione e la solidarietà creando un brand di moda solidale.

Ape Social Wear - Moda solidale

La particolarità di A.p.E. Social Wear è che  tutti i suoi capi e accessori sono caratterizzati da messaggi positivi, oltre a essere interamente realizzati in Italia. Lo stesso fondatore del marchio ha parlato della sua azienda a TgCom24 e ha spiegato che cosa significa essere un designer etico:

“Per me è riuscire a comunicare qualcosa di bello attraverso la moda. Forse il termine ‘moda’ è un po’ troppo elevato. Diciamo che voglio comunicare qualcosa di bello attraverso felpe, t-shirt e accessori, poter comunicare qualcosa di bello a tutti, dai giovani agli adulti”

Ma non sono soltanto i messaggi esplicitamente scritti sulle magliette ad avere l’intenzione di diffondere il bene, è come i capi e gli accessori di moda solidale vengono realizzati che ha uno scopo ben preciso:

“L’idea era quella di far lavorare persone che hanno bisogno di lavorare. Perciò, quando ho realizzato un marchio che si basa sostanzialmente su scritte positive, ho pensato a chi farle stampare e ho deciso di affidarmi a una cooperativa dove lavorano ragazzi disabili o che hanno bisogno di un inserimento lavorativo”

Sui capi di A.p.E. Social Wear si leggono frasi come “Il bene genera bene”, “Chi cambia sé cambia il mondo”, “Tutto inizia se lo vuoi”. Alessandro spiega:

“Sono frasi motivazionali che ogni tanto spronano i ragazzi a pensare. Qualcuno in fiera mi dice ‘Ma no, non ci credo’ e io attacco bottone per fargli capire che invece è vero. Sono tutte frasi che mi nascono dal cuore e penso che possano aiutarci a vivere e a vedere meglio la nostra vita”

A.p.E. Social Wear è definito, dal suo stesso creatore, un “brand cattolico” e non a caso i suoi capi hanno vestito molti ragazzi che hanno partecipato alla GMG 2016 (Giornata Mondiale della Gioventù). Alessandro racconta:

“È stato bellissimo perché da quest’estate ci hanno conosciuto molte più persone. Una giornalista de La Stampa ha notato durante la GMG che molti giovani indossavano le nostre maglie. Infatti c’erano seimila ragazzi della diocesi di Milano che indossavano la nostra maglia davanti al Papa e allora qualcuno ha cominciato a chiedersi che cosa fossero e hanno scoperto il nostro marchio”

Alessandro definisce le creazioni del suo brand di moda solidale delle “spremute di bene”, e per questo lo scorso Natale le ha proposte in un packaging davvero bello e originale: un bicchiere con dentro la maglietta e sopra l’etichetta “Fatti una spremuta di bene”. Un regalo perfetto da dare a qualcuno cui si vuole bene e infatti molto gettonato allo stand dell’Artigiano in Fiera.

Un altro aspetto molto particolare di Ape è che non ha uno scopo lucrativo, infatti Alessandro spiega:

“La mia idea è stata proprio questa: io vedevo che aumentava il numero delle persone che mi chiedeva le magliette e ho pensato ‘Perché far lavorare o arricchire chi è già famoso? Voglio far lavorare chi ha bisogno, anche chi è all’ultimo posto, chi magari nemmeno ci pensa. Ecco che allora ho scelto la cooperativa sociale dove i ragazzi disabili hanno la possibilità di aiutare e contribuire al lavoro di tutti i giorni e questa, secondo me, è una cosa molto bella, perché più noi vendiamo, più loro lavorano, più riesco a trovare rivenditori per Ape, più riuscirei ad accontentare più persone. La forza di Ape è questa che su ogni capo nessuno guadagna perché la produzione avviene in una cooperativa sociale, il 5% viene donato al SERMIG di Torino, ex arsenale militare ora convertito in Arsenale di Pace, mentre quello che rimane viene re-investito per fare altro lavoro. Si auto-alimenta da solo”

La partecipazione di A.p.E. Social Wear all’Artigiano in Fiera è stata molto positiva sotto vari aspetti:

“Sono stato molto contento di partecipare a questo evento. Non parlo di vendite, perché per noi questo non è importante, ma parlo delle tante persone che sono passate dal nostro stand, hanno letto gli articoli di giornale a noi dedicati, c’è stata un’intervista alla radio e ho sentito tante persone interessante. Alcuni quando hanno visto le frasi positive hanno detto ‘No, non sono per me’, però per noi è stata anche questa una possibilità per diffondere il nostro messaggio. Io in questi giorni di Fiera ho distribuito circa seimila volantini e i ragazzi che mi hanno aiutato hanno cercato di comunicare che cos’è Ape, un brand di abbigliamento solidale”

 

 

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