Burro di karité, l’oro della savana
- Redazione Artigiano in Fiera
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Tra quelle che nei Paesi industrializzati chiamiamo “economie emergenti”, un po’ ipocritamente sono considerate a volte anche le realtà dell’Africa subsahariana che purtroppo di emergente hanno poco. I paesi del Sahel in particolare sono ancora molto lontani dai nostri standard, che per quanto sotto tanti aspetti non siano invidiabili, ci garantiscono di certo una speranza di vita molto lunga e una mortalità infantile quasi infinitesimale.
In queste zone del mondo il livello di “sviluppo umano” è piuttosto scarso e la condizione della donna risulta arretratissima, se confrontata con i diritti conquistati in Occidente dai movimenti novecenteschi. Paradossalmente però, in quei contesti sociali molto meno stratificati e complessi dei nostri, gli strumenti di emancipazione (femminile, ma non solo) sono a più facile portata di mano.
Come nel sud del Marocco (zona poverissima in un Paese lievemente più “maturo” rispetto a tanti Stati dell’Africa nera) la produzione di olio di argan permette alle donne di creare reddito partendo da un prodotto tradizionale della terra, così nelle savane dell’Africa occidentale è il burro di karité a rappresentare il centro di interesse di tante piccole comunità formate soprattutto da donne.
Come si produce il burro di karité
Il karité è una pianta che cresce spontaneamente nell’Africa occidentale dai cui semi si ricava, attraverso una lavorazione in più passaggi, la sostanza nota come burro di karité. I semi, liberati dalla polpa, risultano simili a mandorle; sono essiccati, tostati e macinati, fino a ridurli a pasta; alla pasta si aggiunge acqua e poi si porta il composto fino all’ebollizione; dopo un’ultima filtrata la sostanza risultante è il burro di karité definitivo.
Queste operazioni sono svolte prevalentemente da donne, secondo metodi artigianali consolidati nel corso dei secoli. Il lavoro artigianale è di per sé uno strumento di pura produzione di reddito, ma ha anche il valore aggiunto di creare coesione sociale e una posizione nell’impianto economico per le donne. Non e’ da sottovalutare inoltre come talvolta, nei casi più virtuosi, accanto alle produzioni artigianali come quelle del burro di karité o dell’olio di argan, nascano piccoli poli di produzione culturale, alfabetizzazione e educazione.
Le proprietà del burro di karité
Il burro di karité, di colore giallo e dal profumo delicato, ha proprietà idratanti e emollienti per la pelle, grazie alla sua alta percentuale di “frazione insaponificabile”, cioè quella parte della sua composizione che non ha natura triglicerica. E’ in questo insieme di sostanze (tra cui vitamine e polifenoli) che risiede il valore dermatologico del burro. La cosmesi moderna fa largo uso di burro di karité nelle creme solari, nelle creme antirughe e in quelle riparatrici dei danni all’epidermide. Anche se in maniera minore, è usato anche a tavola, come condimento, sostitutivo dell’olio.
Il grande successo di questo prodotto prezioso è contemporaneamente anche il suo peggior nemico, perché l’elevato sfruttamento delle piante selvatiche ne mette a rischio l’esistenza. Si tratta di vegetali molto difficilmente coltivabili, sia per le dimensioni e i tempi di sviluppo, sia per le condizioni climatiche e economiche dei luoghi dove cresce: la savana africana, non esattamente uno dei posti più adatti a una pianificazione agricola. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha inserito l’albero di karité tra le specie “vulnerabili”.
foto | Flickr
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