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Il capocollo di Martina Franca: qualità garantita da trecento anni

capocollo di martina franca

In Puglia è cosa nota: i migliori insaccati arrivano da Martina Franca, al punto che fin dal tempo del Regno di Napoli (XVIII secolo), nel Tarantino o nel Salento, al momento della macellazione del maiale si ricorreva esclusivamente a manodopera martinese. In questa cittadina di circa 50.000 abitanti della provincia di Taranto, esistono alcune specialità norcine che hanno conservato tecniche tradizionali e che utilizzano materia prima allevata in loco. Tra queste la più celebre è sicuramente il capocollo o capicollo, il nome con cui in meridione si chiama la coppa o lonza, cioè quella parte del maiale che sta tra collo e costata.

Il capocollo di Martina Franca: parla uno dei produttori artigianali

Giovanni Liuzzi è il titolare di un’azienda agricola con sede a Noci, a circa 25 km da Martina Franca. La sua è un’azienda familiare e produce artigianalmente proprio capocollo con la particolarità di controllare totalmente la filiera. Il punto di forza è l’allevamento di suini allo stato semi-brado nella zona di Noci: al momento non ci sono altri salumifici che possano vantare il marchio regionale “Prodotti qualità Puglia”.

“Il capocollo di Martina Franca è un prodotto tipico pugliese che risale a diversi secoli fa. Si deve la sua notorietà anche e soprattutto al presidio Slow Food, che tramite il Salone del Gusto di Torino e varie attività promozionali è riuscito a varcare i confini regionali”, dice Giovanni Liuzzi.

Un salume che viene prodotto in un determinato periodo dell’anno (da settembre a maggio dell’anno successivo) e che viene ricavato da una specifica parte del maiale.

“Innanzitutto val la pena ricordare che il capocollo di Martina Franca è l’equivalente di quella che chiamano ‹coppa› a Parma o a Piacenza. Parliamo infatti della stessa parte anatomica del maiale, ovvero tra collo e costata”.

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La lavorazione è un fattore decisivo per avere un prodotto di estrema qualità e dalle proprietà organolettiche che racchiudono profumi, sapori e tradizioni del territorio della Valle d’Itria.

“La carne viene immediatamente messa con sale, aromi e spezie del territorio per 15 giorni e, una volta posta in salamoia, viene lavata con del vin cotto (prevalentemente “bianco” del territorio pugliese), così da acquisire un sapore dolce. Il passaggio successivo è quello di porre il prodotto in budello naturale ad asciugare e stagionare per un periodo non inferiore ai 120 giorni. La grande particolarità sta, inoltre, nell’affumicare il capocollo con corteccia di mandorlo e corteccia di fragno, un albero tipico delle nostre zone”.

La differenza con la produzione industriale del capocollo parte fin dal metodo di lavorazione.

“Quello industriale è un processo molto più breve. La stagionatura può durare anche solo 60 giorni e il prodotto viene ricavato soprattutto da carni provenienti dall’estero e non esclusivamente italiane come accade per la lavorazione artigianale. E poi c’è l’affumicatura: un’industria non riuscirebbe mai a raggiungere lo stesso risultato. La corteccia del fragno, per esempio, come farebbero a ricavarla?”

Quando si parla di capocollo di Martina Franca si fa riferimento all’alta cucina. Difficile, quindi, non parlare di costi.

“Se parliamo del costo rivolto al consumatore, cioè quello classico da salumeria – banco a consumatore – dobbiamo considerare almeno 35/40 € al kg.
Inoltre è un prodotto molto difficile da trovare nei supermercati e, qualora il costo fosse molto più basso, sicuramente non si tratterebbe di un prodotto di alta qualità”.

Il capocollo di Martina Franca ha un bel colore rosso e in bocca è morbido, fragrante; la sensazione acido-aromatica del vino è ben sostenuta dalla qualità della carne.
L’ennesima eccellenza artigianale Made in Italy.

 

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