Ceramica Raku: tutti i segreti della tecnica orientale
- Redazione Artigiano in Fiera
- 10 anni fa
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Legata alla tradizione orientale del tè, la tecnica raku sta conoscendo una seconda vita in questi anni. Gli oggetti fatti in ceramica raku (come quelli che puoi trovare sull’e-commerce di Artigiano In Fiera) sono sempre più ricercati, e non solo dagli appassionati della cultura del sol levante, ma anche da tutti coloro che amano avere in casa oggetti dal design minimalista ma ricercato.
Oggetti che ricalcano perfettamente un artigianato dallo stile orientale, dalle linee pulite e semplici, ma dal grande fascino. Ma cos’è il raku? Quali sono le sue caratteristiche principali?
Le origini della tecnica Raku
La storia della ceramica raku si perde agli inizi del XVI secolo ed è strettamente legata alla cerimonia del tè, tanto cara al popolo giapponese.
Il termine Raku deriva dal nome di una delle più autorevoli famiglie di mastri vasai (Rikyu) e significa letteralmente “Vivere con gioia e armonia la natura”.
La vera origine di questa tecnica non è certa, ma si ritiene che la sua creazione sia dovuta a un ceramista di Kyoto, il mastro vasaio Chojiro. Nella sua bottega venivano prodotte tegole, principalmente di argilla. Con questa tecnica Chojiro iniziò a produrre delle ciotole tondeggianti, utilizzando lo stesso tipo di argilla, ricca di sabbia silicea.
La caratteristica di queste ciotole era di essere sprovviste di manici. La particolare composizione dell’argilla richiese la costruzione di un piccolo forno molto particolare, per avere una cottura rapida. Queste ciotole ebbero un inaspettato successo, tanto che Chojiro, per tagliare sui tempi e riuscire a stare dietro a tutte le ordinazioni, iniziò a estrarre i suoi prodotti ancora caldi dal forno, grazie all’ausilio di pinze di ferro. Così ebbe inizio la tecnica raku!
La tecnica di cottura della Ceramica raku
La particolarità della tecnica raku consiste nella seconda cottura, che avviene in un particolare forno a temperature che si aggirano tra i 900 e i 1.000 gradi centigradi.
Dopo circa tre ore di cottura, quando il pezzo è ancora incandescente, si procede all’estrazione con lunghe pinze di ferro e depositato subito in un contenitore pieno di materiale facilmente combustibile (dai trucioli di legno, ai fogli di giornale, alla segatura). Il contatto di questi materiali con la ceramica incandescente provoca l’accensione di una fiamma che brucia tutto il combustibile presente nel contenitore.
Subito dopo questo procedimento, si immerge l’oggetto nell’acqua e lo si pulisce per eliminare i segni della combustione appena avvenuta.
Questa tecnica provoca trasformazioni chimiche e fisiche dell’oggetto. Innanzitutto una grossa riduzione del volume dell’oggetto, che può essere parziale o totale, dovuta all’eliminazione delle particelle di aria al suo interno (grazie alla combustione avvenuta nel processo precedente). Il tipo di riduzione ottenuta si può intuire dal colore dell’argilla (ovviamente prima di essere smaltata): la ceramica nera è dovuta a una riduzione totale, mentre, a seconda della quantità di ossigeno rimasta, il colore varierà sulla scala dei grigi.
Per scegliere il tipo di riduzione che si vuole ottenere, il mastro vasaio deve tenere conto di diversi fattori quali il combustibile utilizzato, il tempo di bruciatura, la copertura totale o parziale dell’oggetto.
La tecnica raku oggi
La tecnica di lavorazione della ceramica Raku è stata portata nel mondo occidentale all’inizio del 1900 da Bernard Leach, un ceramista inglese che passò una decina di anni della sua vita per approfondire le tecniche dei maestri vasai nell’estremo oriente, tra Cina e Giappone.
Il momento di gloria del Raku in occidente ha avuto inizio circa quaranta anni fa, in particolare nel mondo anglosassone (Gran Bretagna, Stati Uniti, Australia), seguendo i dettami della tecnica della riduzione, per avere oggetti dal design e dai colori unici e irripetibili. La caratteristica del Raku infatti è di dare vita a prodotti unici, dagli effetti di colore non riproducibili.
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