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Cina: stretta nell’e-commerce contro i prodotti taroccati

Il Ministero dell’Industria cinese ha deciso per un giro di vite nei confronti dei venditori online: troppa la merce contraffatta in circolazione nell’ampio mercato asiatico. Nonostante grandi numeri, sempre in crescita (l’e-commerce ha coperto nell’ultimo anno il 10% delle compravendite totali cinesi), il Ministro Zhang Mao si è trovato costretto a correre ai ripari.

Il numero delle richieste di risarcimento da parte dei clienti cinesi si è impennato e pure i partner commerciali esteri, che sono spesso le vittime della contraffazione, hanno fatto sentire la loro voce: in un Paese dove sono prodotti la maggior parte degli oggetti in vendita nel mondo, la credibilità del mercato interno non può che essere un fiore all’occhiello. Purtroppo così non è.

Tra i principali accusati di chiudere troppo benevolmente un occhio di fronte ai casi di falsificazione c’è il numero uno dell’e-commerce planetario, Alibaba. Il colosso fondato da Jack Ma è stato oggetto di un’indagine del Ministero proprio a cavallo del suo ingresso (altisonante) a Wall Street. Il risultato dell’accertamento ha mostrato come i prodotti autentici venduti sulla piattaforma fossero meno del 40%. Questi dati scoraggianti hanno spinto il Ministero a pianificare una nuova strategia di controlli più serrati che ha come esito quello di stilare una “lista nera” dei siti che vendono merce taroccata.

La preoccupazione del Ministro Zhang è rivolta soprattutto al contrasto della contraffazione dei prodotti di qualità, ambito in cui rientrano molte categorie merceologiche italiane. Vino adulterato e falsi oggetti di pelletteria sono all’ordine del giorno. Si narra addirittura di diplomi fasulli messi in vendita online.

Il governo cinese non ha per il momento intrapreso nessuna azione sanzionatoria nei confronti di Alibaba, anche perché il giro d’affari che muove può influenzare l’intera economia del Paese, ma ha invitato con decisione il gigante di Hangzhou ad un controllo maggiore nella qualità dei suoi venduti. Alibaba dal canto suo ha risposto accordandosi con gli enti doganali cinesi, che veglieranno sui suoi prodotti: si tratta di una strategia legittima, ma che agli occhi del severo ministro Zhang appare un po’ come uno “scaricabarile”.

 

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