Dentro il prodotto: il torrone di Pattada
- Redazione Artigiano in Fiera
- 10 anni fa
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La tradizione del torrone di Pattada deriva dalla dominazione spagnola: quando arrivarono nel 1640, gli uomini di Filippo IV si stabilirono nel sassarese per ricavare legna e carbone e “depositarono” a Pattada la ricetta del torrone, che attecchì immediatamente.
Giovanni Secchi ha imparato l’arte di produrre il torrone da un torronaio di Pattada, che negli anni ’80 era rimasto l’ultimo di una stirpe in via d’estinzione: i figli non avevano intenzione di proseguire nell’attività paterna. Secchi, che lavorava in un’azienda edile con il fratello, decise di cambiare radicalmente vita, per costruire qualcosa di personale. La sua scelta è stata un connubio vincente tra valorizzazione di tradizioni secolari e sguardo verso un futuro molto illuminato dal punto di vista imprenditoriale.
Quali sono le fasi produttive del torrone di Pattada?
Prima di tutto si comincia facendo scaldare la macchina a gas. Un fornello scalda un’intercapedine piena d’acqua fino a 98 gradi, in modo che arrivi a questa temperatura anche il paiolo (rigorosamente in rame) che sta all’interno. Una volta che la macchina è calda, viene colato nel paiolo il miele non cristallizzato. Quando anche il miele, sempre più liquido, si avvicina ai 100 gradi, allora è il momento dell’aggiunta dell’albume d’uovo montato a neve. Questa è la prima fase di lavorazione o di “albumazione”: dopo poco più di un’ora l’impasto arriva al suo massimo volume, momento in cui si fa rallentare la macchina e si tolgono le fruste. Dopo un’altra ora e mezza di centrifuga lenta, si aggiunge la frutta secca e il torrone è pronto. Quando la mescola è perfetta, l’impasto è messo in stampi di legno inumiditi. Inizia così la fase di guarnitura e poi, con il raffreddamento, si passa al taglio e al confezionameto
Da dove arrivano le materie prime?
Per quanto riguarda il miele, si tratta di mieli monoflora locali. Principalmente usiamo miele prodotto nella nostra zona e quando abbiamo bisogno di forniture più massicce ci spostiamo un pochino, ma restiamo in Sardegna. Per quanto riguarda le mandorle bisogna importarle dall’estero, perché in Sardegna non c’è produzione, se non ultimamente in fase ancora embrionale. Le mandorle italiane di altre regioni invece non vanno bene per il torrone perché non sono tutte dolci al 100%. Le più indicate sono le californiane e le cilene. L’albume d’uovo arriva dalla Lombardia; lo compriamo essiccato a lunga conservazione, perché, sebbene ci piacerebbe poter usare albume fresco di produzione sarda, le norme sull’impiego di uova sono estremamente restrittive e l’impiego di albume fresco non si sposa con una produzione come la nostra che è programmata ma non quotidiana. Insomma non possiamo permetterci che l’albume vada a male se non cuciniamo il torrone tutti i giorni.
Il torrone è un prodotto tipico sardo, non manca mai nelle feste e nelle sagre. Sull’isola si vende di più in estate che non a Natale, come accade nel resto d’Italia. Insomma ogni occasione è buona per un morso di torrone di Pattada!
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