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Quando la grande industria riconosce il valore dell’artigianalità

falegname artigianalità mobili

Sull’ultimo catalogo dell’Ikea, che più o meno tutti troviamo in portineria o direttamente nella posta in questi giorni, c’è un’intervista a un esperto di ricerca e sviluppo dei materiali, Jan Ahlsén, in forza alla multinazionale svedese da molti anni. L’ultima domanda che gli è posta verte sull’aspetto che avranno i mobili del futuro. Ahlsén risponde così:

jan ahlsen artigianalità

Sembra incredibile: potrebbe essere la conclusione di un editoriale del nostro magazine. Invece esce dalla bocca di un dirigente di un colosso che fattura 30 miliardi di dollari l’anno. Come dobbiamo prenderla? E’ il giusto e sincero tributo all’insostituibile valore del lavoro fatto a mano, riconosciuto finalmente anche dalla grande industria o è invece l’appropriazione (se non indebita, ipocrita) dei valori dell’artigianalità da parte di chi, di fatto, li nega di continuo con produzioni su scala planetaria?

E’ del primo avviso Marco Arosio di Midarte, impresa artigianale del distretto brianzolo:

Far capire al cliente che dietro un mobile c’è il lavoro di una persona è un valore in sé, anche se proviene da un dirigente dell’IKEA. Sapere che un oggetto è frutto di tempo, fatica esperienza, permette di capire il giusto valore di quell’oggetto. Un cliente magari non lo sa, non è tenuto a saperlo in partenza: spiegarglielo è importante.

Non è un po’ troppo comodo farsi portabandiera di valori di artigianalità che stridono molto con i tempi e i modi di una produzione su larga scala?

Io ne faccio un discorso quasi filosofico: tutto ciò che è fatto solo a macchina, seppure negli ultimi vent’anni i macchinari siano diventati estremamente sofisticati e precisi, finisce per non avere anima. La standardizzazione e le economie di scala portano a un appiattimento del prodotto: molto probabilmente se ne sono accordi anche “loro”, pur con le ovvie differenze. In casi come quello della nostra piccola impresa le personalizzazioni sono pane quotidiano, anzi elemento distintivo, mentre in realtà come Ikea si producono pezzi solo su vastissima scala e tutti uguali, a causa dell’organizzazione rigida tipica di una mega impresa.

Nel caso del produttore artigianale i clienti vanno soddisfatti nei loro capricci e nelle loro necessità: l’esperto del settore capisce il problema e risolve il problema. Purtroppo un cliente se non è consapevole del valore aggiunto di un mobile fatto su misura (un tavolo un po’ più basso perché sono un po’ più basso della media, una libreria dalla forma speciale perché il mio salotto ha angoli strani…) si baserà sempre e solo sul prezzo, ambito in cui l’industria avrà sempre un vantaggio. Noi artigiani abbiamo l’arma in più dell’esclusività, dell’unicità, della personalizzazione: in una parola l’arma della qualità. È l’unica arma che abbiamo ma se usata bene può essere decisiva.

Il potenziale dell’arma qualità è davvero dirompente se pure la grandissima industria ne riconosce il valore. Insomma di fronte alla dichiarazione d’amore di Ikea per l’artigianalità possiamo lasciare da parte i sospetti (magari anche fondati!) e puntare senza tentennamenti sul primato del fatto a mano. E’ sempre e solo facendo la prima mossa, inventando soluzioni nuove e esaltando l’elemento umano, che il Davide artigiano può stare un passo avanti al Golia industriale.

 

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