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Differenze tra cottura a vapore e a bagnomaria

Cottura a vapore e a bagnomaria

Per una cottura ottimale delle pietanze, o anche di semplici parti che andranno a comporre una pietanza, occorre conoscere diverse tecniche e saperle sfruttare a seconda degli alimenti che si devono cuocere, tenendo bene in mente quale risultato si vuole raggiungere.

Tra le tecniche di cottura più diffuse ce ne sono due che sono spesso utili per una cucina leggera, anche se uno dei due viene sfruttato anche nell’alta pasticceria. Stiamo parlando della cottura a vapore e della cottura a bagnomaria. Vediamo di che cosa si tratta e quali sono le differenze tra questi due metodi.

 

Cottura a vapore

La cottura a vapore, che è molto utilizzata soprattutto nella cucina orientale, è un metodo per cuocere gli alimenti mantenendo intatto il loro sapore originario perché i valori nutritivi non vengono dispersi nell’acqua bollente, come avviene nella classica cottura in pentola. Per cuocere a vapore servono dei cestelli che vanno inseriti nelle pentole. In pratica, in questo modo, l’alimento, che va messo nel cestello, si cuoce con il vapore dell’acqua in ebollizione che si trova sul fondo della pentola e che dunque non entra direttamente a contatto con il cibo. Al posto del cestello si possono usare anche dei ripiani di bambù. La pentola va chiusa con un coperchio per non disperdere il vapore.

Questo tipo di cottura non ha bisogno di olio o altri grassi, perciò viene utilizzata da chi deve seguire una dieta ipocalorica. È un metodo piuttosto rapido che viene utilizzato soprattutto per cuocere pesce e verdure.
Quando si cuoce a vapore occorre scegliere il livello d’acqua adeguato: bisogna tenere in considerazione che durante l’ebollizione l’acqua si muove e dunque non deve raggiungere il cibo nel cestello.

 

Cottura a bagnomaria

La cottura a bagnomaria ha origini misteriose: secondo la leggenda, che ne spiega anche il nome, è stata inventata da Maria (o Miriam), sorella di Mosè e Aronne, che è considerata una dei primi alchimisti della storia e che avrebbe scoperto questo metodo durante i suoi esperimenti volti a emulare le condizioni naturali per riscaldare le sostanze dei suoi elisir e creare dunque oro e altri metalli. Tuttavia il nome Maria potrebbe anche riferirsi a un’altra alchimista, dell’alto Medioevo, citata in uno dei più antichi testi sull’argomento.

Come la cottura a vapore, anche la cottura a bagnomaria è un metodo indiretto, perché non c’è contatto tra l’acqua che bolle e il cibo. Gli alimenti da cuocere, infatti, vanno messi in una pentola più piccola che viene inserita in una più grande all’interno della quale c’è l’acqua che deve bollire. La pentolina con il cibo può essere immersa nell’acqua (cottura per contatto) oppure può essere appoggiata in modo che soltanto la sua base tocchi l’acqua (cottura a secco).

Il cibo, dunque, non si scalda con il contatto diretto con il fuoco dei fornelli o del forno, ma grazie all’acqua bollente. Questa tecnica consente così un miglior controllo della temperatura e della cottura. Si può fare sia sui fornelli sia al forno. È indispensabile che la cottura a bagnomaria si faccia sui fornelli quando si preparano composti che devono essere continuamente mescolati, come le creme e le salse. In forno, invece, si usa per quelle preparazioni in cui la coagulazione dell’uovo crea uno sformato.

La cottura a bagnomaria è piuttosto lenta e serve anche per sciogliere alcuni ingredienti, in particolare il cioccolato, oppure per recuperare il miele cristallizzato. In pasticceria si usa molto anche per mousse e diversi tipi di creme, budini, per la panna cotta, lo zabaione, créme caramel, alcuni tipi di gelatina e marmellate.

Per la cottura a bagnomaria occorre trovare le pentole più adatte, in particolare due che si incastrino bene per la cottura sui fornelli o due teglie di misure compatibili per quella in forno. Esistono dei pentolini appositi come il polsonetto.

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