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Latte: abolite le quote, ora tocca al governo regolare il settore

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Dopo l’apertura al libero mercato, con l’abolizione delle quote latte a partire dal primo aprile 2015, tutti (produttori, trasformatori e consumatori) stanno aspettando una mossa da parte del governo italiano. A due settimane dall’inizio del nuovo regime qualcosa sembra muoversi. E’ poco per essere soddisfatti: il ritardo è “italianamente” abissale, ma per lo meno su questa vicenda non è calato quel pericoloso e frequente velo di silenzio a cui nostro malgrado siamo stati abituati.

L’input rivolto al governo arriva dalla Commissione agricoltura della Camera dei Deputati e si rifà al “pacchetto latte” con cui la Commissione Europea ha abolito le quote. Le raccomandazioni della Commissione sono molteplici, si spazia infatti dalla semplificazione burocratica alla rintracciabilità attraverso etichettatura di provenienza, dalla durata minima dei contratti di vendita all’aspetto più importante di tutti: il prezzo. Il latte infatti non potrà essere pagato meno di quanto costa la sua produzione.

Sembra un’ovvietà ma è attorno a questo nodo che si gioca la partita dei produttori italiani, soprattutto quelli più piccoli, che puntano sulla qualità, ricavando latte da vacche allevate secondo sistemi rispettosi degli animali e dell’ambiente. La concorrenza del latte tedesco e di quello francese è spietata, così come è evidente nella stragrande maggioranza dei casi che il latte italiano è qualitativamente superiore.

Le intenzioni espresse in Commissione sono di certo lodevoli, ma ora l’iniziativa passa al governo, che non è conosciuto, chiunque ne sia a capo, per la sua celerità.

Fine delle quote latte, la situazione a marzo 2015

Un incubo per i produttori, un tema legato a immagini di protesta per ogni cittadino davanti a un telegiornale: le quote latte sono state protagoniste della cronaca economica tantissime volte, nell’ultimo trentennio.

Introdotte dalla Comunità Europea nel 1984, le quote latte, nome volgare del “regime del prelievo supplementare”, spariranno dall’ordinamento della UE a partire dal primo aprile 2015. Dopo trentun’anni di agitazioni, sversamenti di latte prodotto in eccesso, tributi salatissimi da pagare, gli allevatori tirano un sospiro di sollievo. Sarà lo stesso per i consumatori?

Cosa sono le quote latte

Il regime del prelievo supplementare entrò in vigore nel 1984, paradossalmente come sistema di tutela per i produttori: una produzione calmierata avrebbe avuto la ricaduta virtuosa di evitare l’abbassamento del prezzo alla produzione. I soggetti che acquistavano il latte dai produttori agivano anche da “controllori” della produzione: attraverso una rendicontazione di tutti gli acquisti da un determinato produttore, il “corpus” degli acquirenti produceva il conteggio totale del latte prodotto da quell’allevatore.

Il meccanismo però non ha funzionato fin dall’inizio soprattutto in Italia, come ci spiega Gianni Laera tecnologo alimentare presso il Caseificio Artigiana di Putignano: “Il limite introdotto all’inizio del regime delle quote sottostimava di gran lunga la produzione nazionale. La colpa di questa partenza ad handicap va suddivisa nella pessima abitudine di alcuni grandi allevatori di non fatturare tutto il latte prodotto e nella scarsa volontà della politica di approfondire la conoscenza della questione.

Il risultato di questo vulnus iniziale è stato un trentennio di tensioni e proteste, “Soprattutto da parte dei produttori onesti, che hanno sempre dichiarato le produzioni eccedenti” prosegue Laera. E il latte sottratto ai controlli del prelievo supplementare? “Ha continuato a circolare in maniera parallela – spiega il tecnologo alimentare – alimentando quel sommerso che purtroppo caratterizza tanti aspetti dell’economia del nostro Paese.

Fine delle quote latte, via al libero mercato

La liberalizzazione della produzione correggerà le storture del regime delle quote? E soprattutto le produzioni di qualità saranno premiate? E’ un po’ dubbioso su questo punto Laera: “Certamente chi ha investito in strutture moderne potrà trarre vantaggio dalla nuova regolamentazione, ma certi piccoli produttori, compresi purtroppo anche imprenditori virtuosi dal punto di vista degli standard qualitativi, certamente subiranno il contraccolpo dell’abbassamento dei prezzi“.

A rendere ancora più oscuro il futuro del settore latte, ci pensano il governo italiano e le regioni, che a poco più di una settimana dall’entrata in vigore del nuovo regime, non hanno ancora fornito nessuna informazione ai produttori, né ai trasformatori di latte.

 

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