Guida alla lettura delle etichette dei prodotti alimentari
- Redazione Artigiano in Fiera
- 8 anni fa
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- 1 min
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Quando si fa la spesa leggere attentamente le etichette dei prodotti alimentari è un’azione di fondamentale importanza. I motivi sono svariati: per controllare la scadenza, in modo da evitare di buttare il cibo senza consumarlo, gli ingredienti, verificando che non ce ne siano di dannosi per la propria salute (soprattutto in caso di allergie), la provenienza e l’autenticità del prodotto e delle materie prime.
Le etichette devono dare informazioni precise e trasparenti sul contenuto della confezione che si sta acquistando e sono il più grande aiuto per il consumatore che grazie a esse può valutare gli alimenti e fare una spesa ragionata.
Sulle etichette devono necessariamente essere riportati: la denominazione del prodotto, la data di scadenza o il termine minimo di conservazione, il peso netto, la lista degli ingredienti, la sede e il nome dello stabilimento in cui è stato prodotto e confezionato l’alimento, le modalità di conservazione, il lotto del prodotto, ossia la quantità omogenea di prodotto lavorata in condizioni pressoché identiche e che esce nello stesso momento dalla filiera di produzione. Nel caso di bevande con contenuto alcolico superiore all’1,2% del volume deve essere indicato anche il titolo alcolometrico.
Etichette: la normativa
In Italia l’etichettatura dei prodotti alimentari è regolata dal decreto legislativo numero 109 del 1992 in cui si legge che l’etichetta è “l’insieme delle menzioni, delle indicazioni, dei marchi di fabbrica, delle immagini o dei simboli che si riferiscono al prodotto alimentare e che figurano direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura”.
Nel corso degli anni ci sono stati vari interventi sulle norme che regolano l’etichettatura e uno dei più significativi, che ha poi avuto non poche conseguenze sull’opinione pubblica, è il regolamento 1169/2011 dell’Unione Europea, entrato in vigore in Italia dal dicembre 2014, secondo il quale è vietato scrivere sull’etichetta l’indicazione generica “oli vegetali” e impone di specificare il nome dell’olio vegetale utilizzato. Questo perché spesso i produttori, soprattutto nel caso di prodotti industriali, usano oli di qualità scadente come l’olio di cocco o l’olio di palma, ma mentre prima si nascondevano dietro l’indicazione generica “oli vegetali” sull’etichetta, non permettendo al consumatore di sapere effettivamente che cosa stesse acquistando, ora sono costretti a specificarlo.
Ne è nata una grande polemica, tanto che molte industrie hanno dovuto eliminare in particolare l’olio di palma dai loro prodotti e per sottolineare questa decisione ora addirittura scrivono sulla confezione e ripetono nei loro messaggi pubblicitari “senza olio di palma”.
Etichette: la data di scadenza
È stato stimato che circa il 20% dei rifiuti alimentari prodotti dall’uomo nel mondo è una conseguenza della mancata comprensione dell’etichetta e in particolare delle indicazioni sulla durata della conservazione.
La confusione si fa su queste due espressioni: “scade il” e “da consumarsi preferibilmente entro il”. È bene specificare subito che esse non si equivalgono, non sono sinonimi. Quindi, quando leggiamo “scade il”, seguito da una data, dobbiamo effettivamente rispettare quella data, perché vuol dire che entro quel giorno è garantita l’idoneità dell’alimento per il consumo, sempre che esso sia stato conservato correttamente, secondo le “modalità di conservazione” indicate sull’etichetta. Questa dicitura compare soprattutto su alimenti “freschi”, come latte e derivati, carne, pesche, pasta fresca e altri cibi deperibili.
La dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il”, invece, viene usata per prodotti a lunga conservazione come quelli in barattolo, la pasta secca, alcuni tipi di prodotti da forno. Significa che per questi alimenti non c’è una vera e propria data di scadenza, ma oltre la data indicata probabilmente l’alimento comincerà a perdere aromi, sapore e alcune delle sue proprietà organolettiche. Non significa dunque che dopo quella data deve essere considerato un alimento scaduto o addirittura avariato e da buttare. Nella grandissima maggioranza dei casi, soprattutto se la conservazione è stata impeccabile, può ancora essere consumato dopo la data indicata.
Etichette: l’ordine degli ingredienti
Sulle etichette gli ingredienti sono riportati secondo un ordine che rispecchia la qualità presente di ognuno di essi in proporzione agli altri ingredienti. Questo significa, dunque, che l’ingrediente riportato per primo è quello usato in quantità maggiore, quello riportato per ultimo è quello presente in qualità minore rispetto a tutti gli altri, probabilmente solo in tracce.
L’acqua non deve essere indicata se non supera il 5% del peso finito dell’alimento, i miscugli di frutta, ortaggi, spezie o erbe aromatiche possono essere inseriti nella lista in ordine casuale, ma accompagnati dalla dicitura “in proporzione variabile”. Gli ingredienti usati come concentrati o disidratati, invece, devono essere riportati nella lista tenendo conto del loro peso originario, quindi tenendo conto di quanto pesavano prima di essere concentrati o disidratati. Nel caso in cui sia stato utilizzato un solo ingrediente ed esso venga indicato chiaramente sull’etichetta, non c’è bisogno di riportarlo in una lista di ingredienti (pensiamo per esempio a prodotti come il burro, frutta e verdura fresca e non sbucciata).
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