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Olio extravergine di oliva: i “trucchi” per capire se è buono

olio extravergine di oliva

Usato come condimento è su tutte le nostre tavole da sempre, ma siamo in grado di stabilire se un olio d’oliva è buono o è scadente? Cosimo Damiano Guarini, autore di Lovolio, ci fornisce gli elementi per capire da soli quando un extravergine è da comprare oppure no.

Quali sono i “trucchi” che possiamo mettere in atto per capire se un olio è buono o no?

Innanzitutto, è importante non prestare attenzione al colore del prodotto. Sarebbe come scegliere un maglione in cashmere in base al colore e non alla morbidezza. Ma torniamo all’olio extravergine di oliva, prendiamo il caso di una bottiglia sigillata: non potendo valutare gli aspetti olfattivi e gustativi, ci dobbiamo concentrare su altro. Bisogna controllare il luogo di produzione: non esiste una regione di provenienza migliore dell’altra , ma esistono tecniche virtuose di gestione dell’oliveto, raccolta, trasformazione e conservazione che permettono di avere un olio di qualità. Quindi per il consumatore è importante leggere bene l’etichetta. Un bel vantaggio è conoscere il produttore, in modo da poter carpire da lui tutte le informazioni possibili sul prodotto. La trasparenza informativa tra produttore e consumatore è un elemento decisivo nel mercato di oggi.

Il consumatore è perciò chiamato a compiere uno sforzo in più rispetto al semplice acquisto?

Sì è proprio così: se l’acquirente vuole la qualità, deve informarsi sul prodotto, altrimenti gli è sufficiente passeggiare tra gli scaffali del supermercato. Ma se vuole ricercare l’artigianalità e la qualità di un olio genuino e sano è obbligato a fare uno sforzo culturale. Mangiare bene è un lusso non tanto economico, quanto culturale, che possono permettersi in pochi. Ecco perché è così difficile riconoscere la qualità e di conseguenza alimentarsi bene.

E’ necessario quindi un investimento, che se non è quantificabile in soldi lo è di certo in tempo speso per informarsi…

Certo ma è un investimento che ritorna: oggi gran parte delle patologie che interessano un individuo nella sua vita derivano dall’ambiente dove vive e soprattutto da quello che mangia. Nutrirsi con prodotti di qualità, più sani, fa risparmiare in eventuali medicine. Oggi per fortuna un consumatore italiano su tre è disposto a spendere un pochino in più per acquistare prodotti più sani, che preservano la sua salute.

Abbiamo parlato dell’importanza dell’etichetta sulle bottiglie d’olio extravergine, ma se si ha la fortuna di poter assaggiare il prodotto, quali sono le regole fondamentali per capire se ci troviamo di fronte a un olio davvero buono?

La prima cosa da valutare è la componente olfattiva. In gergo si dice che l’olio deve avere un “fruttato maggiore di zero” cioè deve avere un profumo che ricorda l’oliva, perché l’olio non è né più né meno che una spremuta di olive. Un autentico succo di frutta deve ricordare il profumo del contesto da cui proviene, perciò per esempio in un buon olio si avvertono sentori di erba falciata di fresco. Quando poi passiamo all’assaggio in bocca, vanno ricercati i due retrogusti fondamentali: l’amaro (che percepiamo nella parte laterale della bocca) e il piccante (che sentiamo come una “punta di spillo” all’inizio della gola). I due caratteri gustativi e il “fruttato” inquadrano i tre pregi che un olio extravergine deve necessariamente avere. Amaro e piccante sono anche indicatori delle caratteristiche salutistiche del prodotto, perché alcuni composti nobili dell’olio come l’oleuropeina e l’oleocantale (l’uno antinfiammatorio, l’altro antiossidante potentissimo) garantiscono la loro presenza nel prodotto proprio attraverso il gusto il primo di amaro e il secondo di piccante. Se un olio è amaro e piccante, oltre a essere un buon condimento per l’insalata, è certamente un sostegno importante per il nostro organismo.

Torneremo a parlare con Guarini molto presto, nella seconda puntata del nostro viaggio approfondito attorno all’olio d’oliva.

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