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Un “nuovo brigantaggio” contro la burocrazia europea

nuovo brigantaggio

di Antonio Intiglietta

L’Unione Europea nasceva negli anni ’50 con l’intento di impedire per sempre il ripetersi delle guerre che nella prima metà del Novecento distrussero il nostro continente. Quegli ideali di identità condivisa, propugnati dai padri fondatori Adenauer, Schuman, De Gasperi oggi sono solo un lontano ricordo, forse addirittura un fastidio, per gran parte della classe politica che opera nei corridoi di Bruxelles e Strasburgo.

La burocratizzazione senza freni ha prodotto un’altro tipo di unità: l’omologazione asservita alla logica del più forte, sia esso un Paese membro dell’Unione oppure una lobby finanziaria. Basta guardare alcune scelte operate nell’ambito delle politiche agricole per rendersi conto quanto la strada intrapresa sia sbagliata.

La “leggerezza” con cui la Commissione Europea ha imposto di sradicare gli ulivi colpiti dalla xylella fastidiosa in Puglia (ordine a cui per fortuna i coltivatori salentini si sono opposti fieramente) è paradigmatica: sono migliaia le piante secolari che secondo Bruxelles vanno sacrificate per il “bene comune”. Poco importa che si tratti di un patrimonio dell’umanità davvero unico. E ancora meno è parso importante controllare che i finanziamenti arrivati negli anni per la protezione degli ulivi fossero utilizzati davvero per la salvaguardia degli alberi.

Le istituzioni comunitarie hanno contribuito a creare posizioni di rendita elargendo soldi in cambio, per esempio, dell’eradicazione di vitigni autoctoni nel sud Italia, in nome dell’equilibrio tra domanda e offerta di vino. E’ una logica profondamente errata: non si possono barattare attività tradizionali, sedimentate nel corso di generazioni e perfettamente integrate nell’ecosistema, con un pugno di finanziamenti pubblici.

Negli ultimi mesi l’Unione Europea ha abilito il sistema delle quote latte liberalizzando il mercato. Anche in questo caso il cambiamento, provocando un drastico calo del prezzo, ha favorito i più forti, con l’aggravante che in questo settore i grandi produttori, soprattutto tedeschi e francesi, forniscono ai consumatori latte di qualità decisamente più scarsa rispetto agli allevatori italiani, che hanno generalmente meno capi, ma li nutrono con cibo più sano.

Che dire poi delle ultimissime novità in fatto di latte in polvere? Il nostro Paese, all’avanguardia da quarant’anni nella tutela della qualità, grazie all’obbligo di usare solo latte fresco nella produzione dei formaggi, si ritrova ora minacciato di infrazione perché non permette la libera circolazione della merce “latte in polvere”. Siamo di fronte al paradosso di essere puniti perché il nostro formaggio è migliore.

Il modello economico propugnato dall’Unione Europea di oggi pone il profitto come fine ultimo e avvantaggia chi è già in posizione di forza. I cittadini europei meritano di più. L’omologazione calata dalla burocrazia dell’Unione va contrastata attraverso un “nuovo brigantaggio”, inteso nel senso positivo di opposizione alle logiche speculative delle concentrazioni industriali, della grande distribuzione e dell’alta finanza.

La mortificazione dell’ambiente e l’impoverimento dei più deboli sono conseguenze primarie di questo corso economico, ben individuati anche da Papa Francesco nella sua enciclica “Laudato si’“:

[…] l’essere umano e le cose hanno cessato di darsi amichevolmente la mano, diventando invece dei contendenti. Da qui si passa facilmente all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia. Ciò suppone la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta, che conduce a “spremerlo” fino al limite e oltre il limite.

Ci troviamo di fronte a una scelta che va molto al di là di un referendum pro o contro l’Europa, come in tanti hanno dipinto la consultazione greca del 5 luglio: occorre individuare un nuovo modello economico per il futuro il cui fine comune è la realizzazione dell’uomo nel contesto che gli è dato, piuttosto che il mero profitto. E’ arrivato il momento in cui le intenzioni devono lasciare spazio alle azioni.

 

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