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Xylella: il batterio nuoce. L’allarmismo di più.

xylella fastidiosa

La Xylella fastidiosa, tra isterismi e disfattismi, è ormai di dominio pubblico.

Sembrerebbe anche divertente leggere e rileggere il nome di questo batterio da quarantena, se non avesse già colpito decine di migliaia di ettari di terreni, disseccando altrettanti uliveti e danneggiando l’immagine, anche all’estero, di un’intera Regione e in particolare del territorio salentino.

A questo, va aggiunta la tipica “storia italiana”, che come al solito prevede varie versioni.
Da una parte le istituzioni, che su indicazione della Commissione Europea decidono di abbattere tutti gli uliveti colpiti dalla malattia killer, dall’altra medici, imprenditori, scienziati, artisti e ambientalisti che non credono all’epidemia e che vorrebbero dimostrare che gli ulivi, se curati con le buone pratiche agricole, ritornano verdi e produttivi come accade dal 2.200 a.C. ad oggi.

A risentirne sono, però, solo loro: gli agricoltori e i produttori. Ovvero, chi lavora e realizza un’eccellenza riconosciuta da anni in tutto il mondo.
Coloro i quali non solo generano mediamente circa 2.000.000 di quintali d’olio all’anno attestandosi come seconda Regione in Italia in questa speciale classifica (prima la Calabria), ma soprattutto hanno riposto i sacrifici di una vita su piante e attività che talvolta hanno addirittura una valenza secolare.

E giusto per aggravare ulteriormente questa situazione, non si può dimenticare che l’Italia è il secondo produttore in Europa (dopo la Spagna) e nel mondo di olio di oliva, con una produzione nazionale media di oltre 464.000 tonnellate, due terzi dei quali extravergine e con ben 41 denominazioni DOP e un’IGP riconosciute dall’Unione europea. La produzione pugliese, quindi, incide per ben oltre il 30%.

Nel frattempo il tempo stringe e in Europa cresce la preoccupazione per il batterio killer che ha attaccato gli ulivi pugliesi. I paesi UE, in particolare i produttori di olio Spagna, Francia e Grecia, vorrebbero vedere attuate rapidamente misure più radicali, dato che quelle adottate finora dall’Italia – e questo lo sottolinea anche la Commissione UE – non sono state in grado di fermare il contagio da Xylella, che anzi si è esteso sino ad Oria nel brindisino. Primo, l’eradicazione delle piante infette e sintomatiche, con una differenziazione degli interventi tra le zone a Nord di Lecce, più radicali, e a Sud, più leggeri e selettivi (solo il Salento conta qualche milione di alberi). Poi, la creazione di una zona cuscinetto di contenimento, la cui estensione è oggetto di discussione. E nelle zone oggetto di eradicazioni non potranno essere immediatamente ripiantate le specie sensibili alla Xylella.

Pochi giorni fa sono stati eradicati i primi alberi di ulivo contaminati nel brindisino.
Ora toccherà alle zone del leccese e alcune del tarantino: tutto questo tra proteste, caos e in molti casi scene di disperazione. Il risultato di una soluzione comunicata in maniera confusa e incapace di convincere appieno mentre c’è chi, nell’incertezza, sta testando empiricamente da mesi, con successo, pratiche agricole naturali salva-ulivi e viene preso per visionario.

 

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