Il miele varesino: dai fiori di acacia ecco l’oro delle Prealpi
- Redazione Artigiano in Fiera
- 6 anni fa
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Il miele varesino è un prodotto di eccellenza della Lombardia, che gode della denominazione di origine protetta e di conseguenza deve rispettare quanto previsto dall’apposito disciplinare. È un miele monoflorale di acacia e ha un elevato grado di purezza per ciò che riguarda l’origine del nettare. Si presenta come un miele dal colore trasparente, che può essere quasi incolore o al massimo di un giallo paglierino. Ha un profumo leggero e delicato, senza odori marcati, solitamente è liquido, la cristallizzazione è rara e comunque molto ritardata, mentre il sapore è molto dolce, delicato, confettato e vanigliato.
La denominazione “miele varesino” può essere utilizzata solo dagli apicoltori che risiedono, producono e hanno il loro laboratorio da almeno tre anni nella Provincia di Varese, detta anche Provincia Verde o Provincia dei Laghi, che è delicata dal Lago Maggiore e dal Ticino a Ovest, dal confine italo-svizzero a Nord e a Est e dai confini con le province di Como e Milano nelle altre direzioni. Gli appari per la produzione di questo particolare tipo di miele di acacia, al momento della raccolta del nettare, si devono trovare in pianura, in collina e sulle montagne a un’altezza che non superi i 600 metri sul livello del mare.
Il legame con l’ambienta geografico è molto importante, perché l’apicoltura ha sempre avuto un ruolo di spicco nella provincia di Varese, soprattutto dopo che, in seguito alla costruzione della rete ferroviaria italiana, la Robinia pseudoacacia, originaria del Nord America e diffusasi in Italia alla fine del XVIII secolo, fu usata sui pendii delle scarpate e delle trincee per consolidare il terreno. Questa pianta trovò il suo habitat ideale proprio nella provincia di Varese grazie alla piovosità, le temperature e il tipo di terreno. Nel frattempo, l’apicoltura villica si stava trasformando in razionale. Permetteva di prelevare il miele senza apicidio.
Miele varesino: come viene prodotto
Gli alveari possono essere stanziali o nomadi, purché lo spostamento sia sempre all’interno del territorio varesino nel periodo della fioritura o, se proveniente da zone esterne al territorio, devono arrivare con il melario vuoto o senza melario. Le arnie utilizzate sono razionali, a favo mobile, a sviluppo verticale. Non si possono usare pollini di origine diversa da quelli di produzione locale. Per quanto riguarda l’estrazione, essa deve avvenire da favi di melario privo di covata, condotta con smielatori centrifughi e la filtrazione dve essere per gravità con filtri permeabili ai pollini, poi il miele deve essere messo in recipienti con coperchio per la decantazione.
Il miele varesino non può essere trattato con temperature superiori ai 40° C. Nel caso in cui nel miele ancora contenuto nei melari ci sia un contenuto di acqua superiore al 17,50% è possibile effettuare un trattamento dei favi con corrente di aria calda e secca o con deumificatore per portare l’umidità sotto il 17,50%. Il contenuto d’acqua, dunque, non può superare il 17,50%, mentre l’indice HMF idrossimetilfulfurale deve essere inferiore ai 15 milligrammi per chilo.
Entro 24 mesi dall’estrazione il prodotto deve essere confezionato ed etichettato e conservato in locali asciutti, areati e, se necessario, a umidità controllata. Sull’etichetta occorre indicare la data di produzione corrispondente al mese e all’anno di estrazione, preceduta dalla parola “Produzione”, inoltre occorre specificare le modalità di conservazione (in luogo fresco e asciutto e al riparo dalla luce), il mese e l’anno entro cui consumarlo, di solito non oltre i 36 mesi dalla data di estrazione. Ci deve essere anche il logo comunitario di identificazione dei produttori a Denominazione di Origine Protetta (DOP).
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