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Terremoto Nepal: l’orgoglio di un popolo che reagisce con il lavoro

Foto Nepal

Il terremoto in Nepal è stato una vera ecatombe.

Una devastazione causata dal peggior sisma degli ultimi 80 anni: circa 8.000 morti, più di 14.000 feriti. Dati purtroppo provvisori perché alcune zone non sono state ancora raggiunte dai soccorritori, 131.500 tra soldati e agenti nepalesi, supportati da un centinaio di squadre di soccorso inviate da paesi stranieri. Un Paese allo stremo. E le continue scosse di assestamento non fanno che peggiorare ulteriormente una situazione già critica.

Un aspetto che si nota scorrendo le foto dal Nepal sul web, è la quasi totale assenza di ruspe e mezzi di soccorso: civili e soldati sollevano a braccia le travi delle case crollate, strisciano a fatica sotto i soffitti schiantati dei palazzi rasi al suolo. Perché la forza di un popolo emerge soprattutto in condizioni di estrema difficoltà.

Il sisma ha colpito un Paese molto povero – dove metà della popolazione vive con un dollaro al giorno – e pieno di bambini: sono bambini infatti il 40% dei nepalesi, e secondo Unicef almeno un milione di loro vive nella zona devastata.

Mancano elettricità e acqua potabile, piove e il clima è rigidissimo: il rischio, per centinaia di migliaia di piccoli scampati, è restare per strada, in attesa che arrivino gli aiuti.

Colpisce non poco come i media raccontino ampiamente il dramma degli alpinisti occidentali dispersi nel gruppo dell’Everest e l’affannato via vai degli elicotteri.
Ma nella valle di Kathmandu ci sono paesi ancora senza soccorsi, con migliaia di case crollate, intere famiglie distrutte, strade inagibili, comunicazioni interrotte e telefoni muti.

I nepalesi si stanno dimostrando un popolo orgoglioso e dalla grande dignità.
Alcuni artigiani di quelle zone, presenti alla Mostra Internazionale dell’Artigianato di Firenze, svoltasi in questi ultimi giorni di aprile, lo hanno ampiamente confermato. Sono persone che fortunatamente non hanno perso alcun familiare nella tragedia, ma che hanno subito danni alle loro abitazioni o alle loro attività commerciali; i genitori di alcuni di loro sono finiti nei campi profughi.

“La nostra prima necessità in questo momento sono i medicinali e la presenza costante di operatori sanitari. Ci aspettiamo non solo una grande capacità delle nostre istituzioni nel rispondere alle necessità del popolo, ma anche una grande mano dai governi stranieri” ha dichiarato un artigiano presente alla mostra.

L’aiuto più grande che possono dare nell’immediato è attraverso il lavoro, così da riportare nel loro Paese cibo, abiti e medicine.

In Nepal, la produzione di artigianato è una pratica antichissima (ad oggi l’economia nepalese si basa per il 35% sull’agricoltura, per il 20% sull’industria ed il 45% sul settore terziario).

Negli ultimi 25-30 anni, l’esportazione di questi prodotti è in crescita e tale sviluppo aiuta la conservazione del patrimonio e della cultura del Paese; che in cambio contribuisce a placare la povertà attraverso la creazione di opportunità di lavoro. I prodotti sono realizzati in modo tradizionale, con tecniche tramandate da generazioni a generazioni, da padre a figlio. Una continuità che ha permesso la sopravvivenza di un intero settore.

Ma il pensiero non può che andare al futuro.

“Il mio magazzino è stato devastato. Superato questo momento di emergenza, ci accorgeremo che la perdita di immobili, a seguito di investimenti fatti anche dai piccoli imprenditori, sarà enorme”.

Nel frattempo, per il terremoto in Nepal si è attivata la macchina della solidarietà anche in Italia: tra le numerose iniziative, non è passata inosservata quella di alcune imprese campane, siciliane, calabresi, laziali, lombarde, toscane, venete e friulane che stanno terminando i lavori del padiglione del Nepal a EXPO 2015.

Un piccolo gesto per un Paese che, nonostante la tragedia, ha deciso di rimboccarsi le maniche.

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