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Carne rossa cancerogena: l’opinione del produttore

carne rossa cancerogena

Le polemiche sullo studio dell’OMS che definisce cancerogena la carne rossa lavorata (vedi paragrafo successivo) non si placano. Abbiamo chiesto a Domenico Eleuteri, produttore maremmano di salumi e formaggi, di darci il punto di vista di chi segue per lavoro la filiera della carne.

La comunicazione dell’OMS fa di tutta l’erba un fascio, perché di problemi sulla produzione della carne ce ne sono, ma non riguardano il sistema-Italia, perché da noi i bovini, gli animali da carne in generale, sono alimentati secondo regole molto rigide e in maniera naturale, senza stressare gli animali e senza usare ormoni e additivi. In Nord America sono ampiamente usati gli estrogeni che alterano la carne; già si sa che la carne rossa va mangiata con moderazione, quella anabolizzata poi, di sicuro fa male.

Insomma sarebbe stato opportuno fare delle distinzioni e parlare dei vari sistemi nazionali o continentali che hanno regole molto diverse tra loro. Se mangi una bistecca di vacca maremmana allevata in purezza, il gusto che assapori è da “Mille e una notte” e certamente la resa di questo prodotto è minore rispetto a quello della carne trattata con ormoni. Altro elemento da considerare è la cottura, che sembrerà banale ma non lo è. La carne abbrustolita è cancerogena, ma perché mangiare una bistecca bruciacchiata quando una cottura media è più che sufficiente? Anche di questo l’OMS non fa menzione. Sono gli eccessi, di tutti i tipi, a provocare i problemi per la salute.

E’ importante sapere che gli standard qualitativi imposti dalla legge italiana sono davvero molto elevati. Certo, come in ogni circostanza ci sono quelli che provano a fare i furbi, ma in generale i prodotti italiani sono di grande qualità, anche perché i consumatori del nostro Paese sono molto esigenti e non esitano a segnalare alle autorità ristoranti o macellerie che propinano carne avariata o anche solo di scarsa qualità. Persino i fast food, in Italia, offrono carne senza dubbio migliore di quella che si mangia all’estero, per esempio negli Stati Uniti. I controlli sulla filiera sono molto approfonditi! In Italia sono vietati gli additivi, di cui invece si fa largo uso oltre oceano.

Carne rossa cancerogena: difendersi con la cultura del cibo

27 ottobre 2015,
Il grande allarme suscitato dall’ultimo studio pubblicato dall’Organizzazione mondiale della sanità ha condotto tanti a sentenziare che la carne rossa fa venire il cancro. Si tratta, è vero, di evidenze scientifiche pubblicate il 26 ottobre dall’International Agency for Research on Cancer (Iarc) di Lione, frutto dell’incrocio di dati provenienti da circa ottocento studi condotti in tutto il mondo sul rapporto tra cancro e alimentazione, ma come sempre le statistiche vanno lette in profondità, per evitare di cadere in manicheismi che non giovano a nessuno.

Innanzitutto, quali alimenti sono stati vagliati dall’OMS? Al centro dello studio ci sono le carni rosse lavorate, (cioè prodotti come carni affumicate, salate, essiccate, fermentate o trattate con conservanti) e le carni rosse (manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo e capra). La prima tipologia è stata inserita nel “gruppo 1”, quello degli elementi cancerogeni. La seconda è stata valutata come “probabilmente cancerogena per gli esseri umani” e inserita nel “gruppo 2A”. Per parlare un linguaggio semplice potremmo riassumere che lo studio dice che gli insaccati favoriscono il cancro e che le bistecche “probabilmente lo fanno”.

E’ davvero così? A meno di contraddire il massimo organo mondiale che si occupa di salute umana, dobbiamo convenire che è vero. Ma ci sono ulteriori elementi da considerare. L’inserimento di un alimento (o di un qualsiasi altra sostanza) nel gruppo dei cancerogeni non specifica “quanto” sia foriero dell’insorgenza di tumori, ma semplicemente che lo è. Questo significa che sono decisive le quantità e i tempi di esposizione all’agente: la moderazione nell’assunzione della carne rossa riduce il fattore di rischio.

Perché la carne rossa (e gli insaccati in particolare) sono carcinogeni? Come spiega Umberto Veronesi:

Le sostanze nocive mangiate dal bestiame anche attraverso i mangimi vengono introdotte nel loro tessuto adiposo e poi finiscono nel nostro piatto. Una volta ingerite si accumulano più facilmente nel nostro tessuto adiposo dove rimangono per molto tempo esponendoci a effetti tossici a lungo […]. Per la carne lavorata, a tutto questo si aggiungono le sostanze utilizzate per la conservazione e il trattamento

Risulta evidente che il pronunciamento dell’OMS riguarda prevalentemente la carne proveniente dagli allevamenti intensivi e prodotta a livello industriale, soprattutto in Nord America. Animali alimentati con mangimi chimici e ingrassati con l’aiuto degli ormoni sono più probabilmente veicolo di agenti mutageni per il DNA umano e quindi fattore di rischio per l’insorgenza di tumori. Le politiche sui metodi di allevamento in Italia sono molto più restrittive e garantiscono in misura maggiore la salute dei cittadini.

E’ chiaro che mangiare insaccati e carne rossa tutti i giorni non fa bene, ma questo lo sapevamo anche prima della pubblicazione della ricerca: da sempre sia i nutrizionisti che il buon senso si trovano d’accordo sul valore irrinunciabile di una dieta equilibrata. Un buon prosciutto artigianale, per esempio, prodotto con carne di maiali nutriti con cibo biologico e non addizionato di conservanti è un alimento che, nelle giuste quantità, ha effetti positivi sulla salute umana.

Il punto saliente è sempre lo stesso: la cultura del cibo. Per alimentarsi in maniera corretta è necessario uno sforzo di conoscenza, lo abbiamo scritto tante volte. Prendersi del tempo per leggere bene le etichette, avere la curiosità di conoscere l’origine dei prodotti, farsi avanti con i venditori e non rinunciare mai a fare domande: ecco come un consumatore può influire in maniera decisiva sul benessere del proprio organismo, nutrendosi di cibi il più possibile sani. Naturalmente occorre anche una piccola capacità di spesa in più, perché la qualità artigianale costa più della mediocrità industriale, ma si tratta di soldi ben spesi o addirittura risparmiati nella prospettiva di un futuro in cui, banalmente, si farà meno ricorso alle medicine.

 

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