
Qual è il vero Made in Italy alimentare?
- Redazione Artigiano in Fiera
- 10 anni fa
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Negli ultimi tempi si è tanto parlato delle contraffazioni che i prodotti italiani, anche quelli più prestigiosi e riconoscibili, subiscono sui mercati esteri. Si stima in 60 miliardi di euro il giro d’affari di tutto il Made in Italy alimentare taroccato, con ricadute sull’occupazione molto negative: fino a 300mila possibili posti di lavoro in meno.
La piaga dei falsi, in quei settori dove l’italianità emerge al massimo (su tutti vini e formaggi), è davvero un problema di difficile soluzione, perché più cresce il prestigio del prodotto originale, più l’imitazione contraffatta riesce a godere di una “buona scia” presso il pubblico internazionale, che è molto meno attento e abituato al buono, rispetto a quello italiano.
Ora però la questione è stata posta in maniera un po’ manichea, mettendo l’uno di fronte all’altro il prodotto italiano originale e quello contraffatto, a volte descritto in maniera macchiettistica come il “Parmesan” o il Prosecco made in Crimea. Siamo sicuri che siano sufficienti queste due categorie per analizzare davvero il problema e trovare la via per valorizzare il meglio della produzione italiana?
In altre parole è giusto mettere sullo stesso piano e difendere con gli stessi mezzi un pacchetto di fusilli prodotti in uno degli stabilimenti più grandi d’Europa e una confezione di gnocchetti sardi trafilati al bronzo in un piccolo impianto a controllo manuale? Nulla contro i fusilli, per carità, ma ci piacciono di più se sono prodotti con cura artigianale!
Insomma forse nella sacrosanta battaglia per la salvaguardia del Made in Italy occorrerebbero più livelli di lettura, differenti gradi di difesa, magari proprio a cominciare dalla copertura mediatica, perché è ingiusto che alfieri del Made in Italy riconosciuti tali solo grazie al marketing milionario, siano posti sullo stesso piano di chi produce davvero eccellenze italiane secondo tradizioni secolari e a prezzi ovviamente più alti.

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