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Verdicchio, un bianco che sa di storia

verdicchioSi festeggiano in questi giorni i cinquantanni della Doc per il Verdicchio dei Castelli di Jesi, uno dei vini bianchi più famosi del mondo.

È il 410 d.C. quando Alarico, re dei Visigoti, fa caricare 40 muli con barili di Verdicchio. Il motivo? Nessun altro vino era capace di infondere tanto coraggio ai suoi soldati. Le più diffuse ipotesi sulle sue origini lo fanno derivare dal Trebbiano di Soave che sarebbe stato importato da alcuni coloni veneti chiamati a ripopolare la zona dopo un’epidemia di peste. In realtà una scoperta archeologica del 1999 ha permesso di individuare nella tomba picena di un princeps guerriero, risalente al VII secolo a.C., dei vinaccioli. Questo testimonia che nelle Marche si praticava la viticoltura fin dai primordi della domesticazione della vite.

Matelica e Jesi sono i due luoghi geografici più significativi per il Verdicchio. Il vitigno è lo stesso ) ma a far la differenza è la collocazione geografica. Il primo nasce infatti in Alta Vallesina, il secondo nella Bassa. Il Verdicchio di Matelica è, quindi, un Verdicchio di montagna, che può contare su un clima continentale con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, tra l’inverno e l’estate. Il secondo, invece, è un Verdicchio marino, che gode delle brezze adriatiche, salmastre e capaci di armonizzare il clima. Il risultato, pur partendo da un suolo con caratteristiche simili (anche se quello di Matelica è maggiormente minerale) e dallo stesso vitigno, sarà nel bicchiere radicalmente diverso e ben distinguibile.

Prodotto esclusivamente nelle zone collinari al centro della provincia di Ancona e in un’area ristretta di quella di Macerata, anche nelle versioni spumante, passito e muffato, con uve  in purezza o in percentuali pari ad almeno l’85%, questo bianco dalle straordinarie qualità ha avuto una grandissima diffusione negli anni ’50 e ’60 quando, anche grazie ad abili strategie di marketing, come l’introduzione della famosa bottiglia ad anfora ideata dall’architetto Maiocchi, si impose sul mercato nazionale. A promuovere il Verdicchio furono anche gli investimenti di alcuni capitani d’industria come Angelini per il Verdicchio dei Castelli di Jesi e Enrico Mattei che visse gli anni della giovinezza a Matelica e promosse lo sviluppo agrario del territorio.

Nel 1968 il Verdicchio dei Castelli di Jesi ottiene la DOC e nel 2010 la DOCG per le versioni Riserva e Riserva Classico, menzione destinata esclusivamente a quei vini invecchiati almeno 24 mesi, dei quali almeno 6 in bottiglia, e provenienti dalla zona di produzione più antica, nei territori dei comuni lungo il fiume Esino.

Ad oggi la superficie coltivata per il Verdicchio marchigiano è di 2.426 ettari. Di questi 2.151 ettari sono coltivati a Verdicchio dei Castelli di Jesi; 279 ettari a Verdicchio di Matelica, per un totale di 592 viticoltori e un fatturato complessivo che sfiora i 40 milioni di euro.

Al Verdicchio, alla sua cultura, storia e tradizione è stato dedicato recentemente un museo. Voluto dalla storica azienda Sartarelli, è ospitato all’interno di un cubo di pietra e vetro affacciato sulle colline di Poggio San Marcello. La sua visita diventa così anche la bella occasione per una gita fuori porta.

 

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