Grana Padano | Glossario dell’artigianato
- Redazione Artigiano in Fiera
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Grana Padano:
Il Grana Padano è il formaggio DOP (Denominazione di origine protetta) più venduto nel mondo ed è un simbolo dell’eccellenza e della qualità del Made in Italy. Il fatto che sia DOP, infatti, vuol dire che per potersi fregiare di questa denominazione il formaggio deve essere prodotto in una zona specifica, ossia nelle province dell’Emilia-Romagna, la Lombardia, il Piemonte, il Veneto e il Trentino-Alto Adige.
L’allevamento delle vacche, la loro mungitura, la raccolta del latte, le sua trasformazione in formaggio, la stagionatura e anche l’eventuale grattugiatura sono le operazioni che costituiscono la filiera produttiva del Grana Padano e devono tutte avvenire nella zona di produzione per mano di produttori, stagionatori, porzionatori e grattugiatori che fanno parte del Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana Padano o che sono autorizzati.
Le zone di produzione sono le province di: Ferrara, Bologna, Ravenna, Rimini, Forlì-Cesena, Padova, Rovigo, Venezia, Treviso, Vicenza, Verona, Mantova, Cremona, Lodi, Pavia, Milano, Brescia, Bergamo, Monza, Como, Lecco, Sondrio, Varese, Verbania, Trento, Biella, Novara, Vercelli, Torino, Asti, Alessandria e Cuneo.
Grana Padano: breve storia
L’origine del Grana Padano è da rintracciare nel 1135 quando i monaci cistercensi dell’Abbazia di Chiaravalle trovarono un modo per sfruttare il latte che veniva prodotto in eccesso. Per poterlo conservare a lungo, pensarono di cuocerlo, di aggiungervi del caglio e poi di salarlo. Sotto la guida dei monaci nacquero delle nuove figure professionali, i casari. Il primo nome di questo formaggio fu caseus vetus, ossia “formaggio vecchio”, perché si poteva conservare a lungo e non doveva essere consumato fresco come gli altri formaggi allora conosciuti. Poiché la gente di campagna non conosceva il latino, preferiva chiamarlo formai de grana, per via della sua pasta compatta e punteggiata di granelli bianchi (cristalli di calcio). Al termine Grana veniva poi accostato il nome del luogo in cui veniva prodotto.
Il 1° giugno 1951 è stata firmata una convenzione a Stresa, nella quale sono state indicate tutte le norme della denominazione dei formaggi e il formaggio “grana lodigiano” è stato distinto in due tipologie, che di fatto sono il Grana Padano da una parte e il Parmigiano Reggiano dall’altra. Il 18 giugno 1954 è nato il Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana Padano, su iniziativa di Federlatte e Assolatte. Esso riunisce tutti i produttori, stagionatori e commercianti di questo formaggio.
Il 30 ottobre 1955 è stato emanato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1269 sul “riconoscimento delle denominazioni circa i metodi di lavorazione, le caratteristiche merceologiche e le zone di produzione dei formaggi” e tra di essi c’è anche il Grana Padano. Nel 1957 il Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana Padano, attraverso altri decreti ministeriali, ha assunto l’incarico di vigilare sulla produzione e il commercio del Grana Padano. Nel 1996 il Grana Padano ha ottenuto il riconoscimento dall’Unione Europea della Denominazione di Origine Protetta.
Grana Padano: come è fatto
Il Grana Padano è fatto di latte, sale e caglio, con l’aggiunta di lisozima, un enzima ad azione antibatterica che è presente in natura in alcune sostanze (per esempio nell’albume dell’uovo). Viene prodotto in forme cilindriche di diametro tra i 35 e i 45 cm, la cui superficie laterale è leggermente convessa e alta dai 18 al 25 cm. Le superfici superiore e inferiore sono piane e la crosta è spessa dai 4 agli 8 mm. Il peso non può essere inferiore ai 24 kg e superiore ai 40 kg. Il Grana Padano si presenta come un formaggio dalla pasta dura, colore giallo paglierino e un sapore delicato e fragrante.
Grana Padano: come viene prodotto
Per produrre il Grana Padano si usa latte crudo frutto di non più di due mungiture dello stesso giorno e necessariamente proveniente da allevamenti con determinate caratteristiche e sottoposti ad appositi controlli. Il latte viene parzialmente decremato attraverso affioramento naturale, poi, mille litri per volta, viene messo in caldaie di rame, a forma di campana rovesciata a doppio fondo. A questo punto viene aggiunto il siero che è stato prodotto durante le lavorazioni casearie del giorno prima e nel quale si trovano batteri lattici che avviano la trasformazione del latte in formaggio.
Si procede cuocendo il latte a una temperatura di 31°-33° C. Si aggiunge il caglio di vitello, poi si rompe la cagliata con lo spino durante il riscaldamento del composto e la cottura, fino alle temperature di 53°-56° C. Finita la cottura, i granuli di cagliata finiscono sul fondo, sotto il siero, e lì restano per un periodo di tempo compreso tra 30 e 70 minuti, aggregandosi e formando un’unica forma. Da ogni caldaia nascono due forme che vengono chiamate “gemelle” e ognuna di esse viene avvolta in un telo di lino e posta su tavoli spersori (detti “spersoli”). Ogni forma viene poi chiusa in una fascera ben stretta.
Dodici ore dopo la messa in forma, si prende una fascia di teflon con in rilievo i marchi di origine e la si mette tra la fascera e il bordo laterale della forma. In seguito si aggiunge la placca di caseina sulla quale è riportato il codice identificativo per rendere il prodotto tracciabile e che diventerà parte della crosta. Dopo altre dodici ore si sostituisce la fascera di materiale plastico con una di acciaio, forata e un po’ bombata, che darà al formaggio la sua tipica forma.
Due giorni dopo le forme vengono immerse in salamoia (acqua e sale) e vi restano per un periodo di tempo compreso tra i 16 e i 25 giorni, poi le forme vengono portate nella “camera calda” per farle asciugare. A questo punto il formaggio viene portato nei luoghi di stagionatura. Tutte le forme vengono “espertizzate” con il martello e se necessario anche con l’ago e la sonda e poi vengono marchiate e fuoco.
La stagionatura non può essere inferiore ai nove mesi. Il nome, il gusto, le caratteristiche della pasta cambiano a seconda della durata della stagionatura e si distingue tra: stagionatura da 9 a 16 mesi, stagionatura oltre i 16 mesi e stagionatura oltre i 20 mesi (Riserva).
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