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Arancino o arancina?

arancino o arancina

Si dice arancino o arancina? La questione è da sempre dibattuta da un capo all’altro della Sicilia, terra origine della mitica polpetta di riso, per una diatriba filologica che ha scomodato anche l’Accademia della Crusca. È più corretto usare la forma femminile o maschile per indicare la specialità tipica sicula, la crocchetta di riso con dentro salsa di pomodoro, carne di pollo, salumi o altro?

Per ora anticipiamo che se nella parte orientale della Sicilia la norma è dire “arancina”, in quella occidentale si usa in prevalenza la forma maschile. Indubbio è che il nome arancino o arancina discenda da quello del frutto dell’arancio. Le origini dell’arancino o arancina, sia culinarie che letterali, risalgono ai tempi della dominazione araba della Sicilia, tra il IX e l’XI secolo.

Una piccola arancia

Tra le abitudine dei mori c’era infatti quella di mettersi in pugno un po’ di riso allo zafferano da condire con la carne d’agnello subito prima di essere ingerito in un boccone. A questo si aggiunga che gli arabi solevano dare a ogni preparazione culinaria di forma rotonda il nome di un frutto della stessa forma. In Sicilia, ricca di arance, la pallina di riso ripiena di carne sembrava proprio una piccola arancia (in arabo nāranj).

Arancino o arancina: qual è la differenza?

Seguendo questo discorso si dovrebbe dire che essendo l’arancia il frutto dell’albero dell’arancio, il termine più corretto da usare per indicare la polpetta di riso sia “arancina” e non “arancino”. In realtà non è esattamente così. A fare la differenza tra arancino e arancina sono questioni perlopiù diatopiche.

I dizionari dialettali siciliani indicano con il termine “aranciu” il frutto dell’albero, cioè l’arancia. Essendo “arancio” maschile, il diminutivo “arancinu” per indicare la polpetta a forma di piccola arancia sembra quello più corretto. E in effetti per la prima volta il termine compare al maschile in un dizionario di italiano, il Dizionario Moderno di Alfredo Panzini del 1942, spiegando che si trattava di una forma dialettale siciliana.

Anche gli altri dizionari dialettali e di italiano da allora in poi adotteranno praticamente senza eccezioni la forma maschile come del resto ha deciso di fare il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, inserendo “Arancino” nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali italiani (P.A.T.).

Dunque tutto risolto? Non proprio, perché se sul genere della polpetta di riso ufficialmente, formalmente, l’equivoco è stato risolto, rimane l’ambiguità legata alle differenze esistenti tra la lingua scritta e parlata. A seconda della regione ma anche delle diverse zone della stessa regione, per indicare il frutto dell’arancio, viene usato sia il termine arancia sia arancio (come ad esempio in Toscana).

Perché se è vero che nell’uso formale si è affermata la forma maschile, è altrettanto vero che la distinzione di genere propria dell’italiano corretto vuole (con poche eccezioni) che il femminile si dia ai nomi dei frutti e il maschile a quello gli alberi: in soldoni la forma femminile per descrivere il frutto sarebbe maggiormente consona all’italiano standard mentre la diffusione del maschile più legata alle varie forme dialettali regionali.

Se da Palermo in poi verso l’est dell’isola si parla di “arancina” questo sarebbe dovuto al fatto che le aree urbane sono state sempre più sensibili a un uso corretto dell’italiano scritto, con conseguente prevalenza anche nella lingua parlata della forma femminile su quella maschile.

Per la provincia di Siracusa e Ragusa invece a determinare l’uso della forma femminile “arancina” sarebbe stato il fatto che qui la forma dialettale più comune per il termine “arancia” non è “aranciu” ma “partuallu-partwallu”. Sarebbe stata questa differenza ad aver determinato la scelta del termine arancina in opposizione all’assunzione nell’italiano standard del termine arancino. Dunque, arancino o arancina?

L’Accademia della Crusca risolve così:

si potrebbe allora concludere che chi dice arancino italianizza il modello morfologico dialettale, mentre chi dice arancina non fa altro che riproporre il modello dell’italiano standard.

Di sicuro, che si usi il femminile o il maschile, è sempre un piacere per il palato!

Ricetta degli arancini o arancine

La preparazione degli arancini o arancine di riso è piuttosto semplice. Per farne dieci ci servono:

– 500 g di riso carnaroli (o in alternativa il vialone nano)
zafferano
– ragù di carne e piselli oppure prosciutto cotto e mozzarella
– sale
– farina 00
– pan grattato
– acqua
caciocavallo

Si comincia facendo bollire il riso in acqua salata, scolando quando è ancora al dente e poi mantecarlo con burro e zafferano. Quando sono tutti ben raffreddati, si crea con il riso una sorta di pallina svuotata e all’interno si mette il ripieno di ragù e il formaggio, poi si chiude per bene con altro riso e si procede alla doppia panatura con farina 00 (unita ad acqua per formare una pastella) e con pangrattato, poi si friggono il olio bollente per un paio di minuti. Il ripieno può anche essere più semplice con solo prosciutto cotto e mozzarella.

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