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Lievito per panettone: perché la pasta madre è così importante

Uso della pasta madre, lentezza, temperatura e umidità: sono tutti elementi irrinunciabili quando si parla di panettone artigianale. La lievitazione è un passaggio davvero cruciale per la riuscita di un prodotto di ottima qualità.

Per preparare questo famoso dolce di Natale gli artigiani mettono a punto quasi scientificamente la loro personale ricetta: per un risultato goloso e soffice è necessario bilanciare perfettamente tutti gli ingredienti, e sul lievito per panettone non si può proprio transigere!

Lievito per panettone, perché usare la pasta madre

Per il panettone artigianale viene usata la pasta madre: «Il lievito madre è il lievito naturale per eccellenza», ci ha spiegato Giuseppe, artigiano selezionato per il nostro negozio di dolci, «si ricava dalla farina e l’acqua e si coltiva giorno dopo giorno, fino a quando non si ottiene quell’odore acido che fa il lievito tradizionale. E’ meno efficace del lievito di birra o altri tipi di lievito ma è totalmente naturale. Con questo tipo di prodotto abbiamo un prodotto finale sicuramente naturale al massimo e molto più digeribile. E’ però più difficile da gestire».

Questo perché non ci sono parametri specifici per quanto riguarda i tempi di lievitazione: «Ogni lievito madre è diverso dall’altro e ha una storia a sé: si ricava con farina e acqua, poi si lavora e si mette a riposo. Non esiste un clone o uno standard: va controllato sempre, è un piccolo essere che cresce».

In tutto questo processo l’apporto umano è fondamentale: «Serve l’esperienza umana per capire quando il nostro panettone è pronto per essere infornato: utilizziamo come parametro per la lievitazione la crescita dell’impasto che deve essere di circa 4 volte la base. Noi impastiamo una base con questo lievito e lo mettiamo a lievitare e aspettiamo che diventi 4 volte il suo volume».

Lievito per panettone e durata della lievitazione

E’ la lentezza la chiave per la buona riuscita dell’impasto: «Il lievito madre viene rinfrescato con tre cicli»,  ci ha raccontato il pastry chef  Beppe Allegretta, «viene impastato alle 19 e si lascia lievitare tutta la notte fino alle 8 della mattina. Alle 8 lo si reimpasta – deve triplicare come volume – e si procede con il secondo impasto. Dopo aver formato il secondo impasto questo viene messo sul banco, viene spezzettato, lo si mette nel pirottino e lo si lascia lievitare ancora per 5-6 ore. In tutto van via dalle 20 alle 22 ore totali di lavorazione per un panettone: 15 ore per il primo impasto e 6 ore per il secondo impasto con lievitazione nel pirottino».

I panettoni prodotti da Giuseppe per Artimondo lievitano 36 ore: «Il lievito madre ha una lievitazione più lunga rispetto agli altri tipi di lieviti. Se siamo bravi a fare il lievito madre queste ore sono sufficienti. Se invece l’impasto lievita più velocemente il tempo può accorciarsi. In ogni caso nella seconda fase in cui viene reimpastato il prodotto (quando si aggiungono lo zucchero, il tuorlo, il burro e il cioccolato di Modica o gli altri ingredienti) si può recuperare qualche ora persa nella prima parte, anche se la lievitazione è già stata fatta».

Con tempi di lievitazione più brevi il panettone non si gonfierebbe nel modo giusto e, come ha precisato Allegretta, «è molto importante il volume del prodotto finito, la forma e la caratteristica della mollica, perché è tutto dato dai parametri e i tempi che si utilizzano nella lievitazione stessa. Quindi lo sviluppo del prodotto durante la lievitazione molto importante sennò si ottiene un prodotto chiuso e diventa un plumcake».

In questa fase delicatissima della lavorazione del panettone bisogna prestare molta attenzione a due elementi in particolare ovvero la temperatura e l’umidità. E, se c’è qualcosa che non sta andando nel verso giusto, si può sempre intervenire: «Il panettone è un prodotto che in tutte le sue fasi ha bisogno dell’esperienza umana. L’impasto viene fatto con l’impastatrice, ma poi viene lavorato a mano», ha aggiunto Giuseppe, «anche se abbiamo dei tempi standard non possiamo essere fiscali: dobbiamo comunque andare a controllare l’impasto periodicamente (ogni mezz’ora circa), e se anziché dopo 36 ore è pronto in 30 ore noi lo lavoriamo dopo 30 ore».

Fondamentale poi, per la buona riuscita del tutto, anche la farina che viene usata: durante la lievitazione infatti il lievito scompone gli zuccheri e l’amido della farina, trasformandoli in anidride carbonica ed etanolo. L’anidride carbonica, con il caldo, aumenta naturalmente il suo volume e il glutine – che crea una sorta di maglia elastica nell’impasto durante le prime fasi di lavorazione (l’impasto degli ingredienti tra loro) – la trattiene all’interno. In questo modo l’impasto diventa, con il passare del tempo, sempre più grande.

Più la farina è forte (ovvero più glutine contiene) più la pasta si gonfia: per questo, per i prodotti da forno, viene consigliato l’uso della farina manitoba. Anche se Giuseppe non consiglia in generale di usare farine troppo forti: «Vanno usate farine relativamente forti (noi non preferiamo usare arrivare a usare farine troppo forti o addirittura manitoba) ma farine mediamente forti. In questo modo c’è il giusto sfaldamento dell’impasto in modo da avere quell’effetto della massa, degli alveoli che si formano».

 

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