Pinsa romana: non chiamatela pizza!
Non chiamatela pizza! La prima cosa da dire sulla pinsa romana è che non è una pizza. Cos’è allora la pinsa romana? Si tratta di una gustosa focaccia o schiacciatina che viene preparata con farina di riso, frumento, soia e pasta madre (lievito naturale fatto seccare, disidratato), tutti ingredienti ad alta digeribilità. La pinsa viene infornata e poi condita in vario modo, come più piace: prosciutto, mozzarella, formaggio, verdure ma anche con la porchetta di Ariccia – come quella disponibile sull’e-commerce di Artigiano in Fiera, il nuovo store online degli artigiani – e il miele di castagno, una vera squisitezza, un mix di sapori contrastanti che è musica per il palato.
Cenni storici sulla pinsa romana
La pinsa, nome che deriva dal latino pinsere (schiacciare, allungare), nasce come rivisitazione moderna di una ricetta che risale addirittura ai tempi dell’antica Roma quando i contadini fuori le mura grazie alla macinazione dei cereali (miglio, orzo e farro) e all’aggiunta di sale ed erbe aromatiche preparavano queste focacce. Oggi si usano ingredienti e tecniche di lavorazione al passo con i tempi, ma anche se la pinsa ha conosciuto diverse rivisitazioni nel corso dei secoli, ci si ispira sempre il più possibile alla ricetta originale.
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Gustosa, leggera e digeribile: le caratteristiche della pinsa
Essendo fatta con farina di riso, frumento, soia e lievito madre, la pinsa è altamente digeribile. La sua leggerezza è in effetti la sua caratteristica principale, cosa che la rende adatta a vari tipi di condimenti, anche un po’ più pesantucci. Ma il vero trucco della leggerezza della pinsa è che viene fatta lievitare dalle 48 alle 72 ore, quindi “non gonfia in pancia” oltre a non dare quella sensazione di “secchezza e di sete” continua, entrambi effetti collaterali tipici della pizza.
Anche il sale viene aggiunto solo una volta che la pinsa è cotta, ma ovviamente si può chiedere anche di non metterlo quando si scelgono gli ingredienti che farciranno la nostra focaccia. La cosa più importante è comunque una: mai scambiare una pinsa per una pizza!
Per proteggere questa specialità – ormai conosciuta ovunque e non solo nel Lazio – è stato creato un albo dei pinsaioli e un’Associazione Originale Pinsa Romana, con tanto di statuto e regolamento che indica non solo la ricetta precisa da seguire, ma anche ad esempio le dimensioni che la pinsa deve avere una volta cotta, il divieto di utilizzo del mattarello e la lievitazione che non può essere inferiore a 24 ore.
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