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Olio extravergine: la prossima battaglia sarà sulla data di scadenza

olio extravergine data di scadenza

Non c’è pace per l’olio extravergine d’oliva, una delle punte di diamante della produzione agroalimentare italiana: dopo le incertezze sulla legge “salva truffatori”, per fortuna scongiurata in Parlamento, e le grandi polemiche per l’innalzamento della quota d’importazione di olio tunisino (come misura europea di sostegno al Paese nordafricano impegnato nella lotta al terrorismo fondamentalista), ora la contesa si sposta sulle etichette:

L’Italia ha recepito senza battere ciglio – ci racconta Francesco Travaglini, produttore molisano molto attivo nella tutela dell’olio made in Italy – una direttiva europea che elimina dalle etichette la data di scadenza. La scadenza dell’olio è sempre stata considerata di diciotto mesi dalla data di imbottigliamento e non da quella di produzione. Questa era una farsa: averla eliminata è un modo per non prendere in giro il consumatore, ma sarebbe davvero auspicabile che fosse resa obbligatoria la dicitura dell’annata di raccolto delle olive.

Ancora una volta insomma si sono fatte le cose a metà: da un lato è stato dato un taglio all’ipocrisia di una data del tutto fittizia in etichetta (chiunque poteva imbottigliare un olio tenuto in un serbatoio per anni e poi scrivere che sarebbe scaduto solo diciotto mesi dopo), ma dall’altro è stata dato ancora più spazio all’incertezza, non prevedendo che si faccia riferimento ad alcuna data.

Ne vedremo e sentiremo ancora, si fa per dire, delle belle.

L’innalzamento delle quote di importazione di di olio tunisino

Insieme a Francesco Travaglini di Molisextra abbiamo provato a delineare il futuro dell’olio extravergine italiano dopo il recepimento del provvedimento europeo che aumenta la quantità di olio d’oliva importabile dalla Tunisia.

Su questo argomento il mio è un parere “alternativo”. Far entrare dell’olio dalla Tunisia, (o da qualsiasi altro Paese extraeuropeo) senza dazi, è una procedura che andrebbe regolamentata meglio, va bene, ma la richiesta di prodotto marchiato italiano è enorme, tant’è che ogni anno si importano comunque in Italia moltissime tonnellate di olio che finisce nelle bottiglie etichettate come made in Italy, ma che made in Italy non è. La regolamentazione andrebbe fatta a monte. Si dovrebbe tutelare il made in Italy in maniera più severa: nella gran parte dei casi nelle bottiglie di olio italiano c’è poco olio italiano. La maggior parte delle proteste sono inutili, anzi ipocrite: quanto olio che sembra made in Italy è già venduto? La legge oggi permette di etichettare come olio italiano un olio imbottigliato sul suolo italiano, ma proveniente dall’estero. E’ questa la legge che va cambiata, le proteste sulle importazioni non risolvono il problema.

Marzo 2016, il decreto sulle contraffazioni è bocciato dalle commissioni Agricoltura e Giustizia

Dopo qualche mese di silenzio si è tornati a parlare del decreto sulle contraffazioni, una legge che, se fosse passata così come era stata proposta dal governo, avrebbe di fatto costituito un enorme salvagente per i contraffattori del made in Italy. Abbiamo ragiunto ancora Francesco Travaglini, produttore molisano di olio extravergine, che ha seguito attivamente la vicenda fin dalle sue origini:

Pochi giorni fa le commissioni Agricoltura e Giustizia della Camera hanno stabilito in seduta congiunta che quel decreto non potesse passare, senza la dovuta premessa “a patto che il fatto non costituisca reato”. In pratica la sanzione amministrativa paventata dal decreto in caso di contraffazioni, diventa tale a meno che non sia un reato penale, cosa che, allo stato attuale, è. Il governo dovrà ora recepire il parere delle commissioni, è un passaggio automatico, ma va fatto. La relatrice Mongiello ha ottenuto un successo ed è anche una vittoria per noi produttori.

18 dicembre 2015, nuovo rinvio della discussione sul dl contraffazioni

Dopo il rinvio della discussione al 17 dicembre, le Commissioni agricoltura e giustizia in seduta congiunta hanno accolto l’invito della relatrice Mongiello a prendersi più tempo per approfondire le numerose tematiche sollevate dal decreto legislativo. Se in un primo momento il governo aveva posto il 4 gennaio come ultima data disponibile per l’approvazione alla Camera, ora l’analisi si protrarrà almeno fino al 31 gennaio. L’attenzione dei produttori artigianali resta sempre elevata, come ci ha raccontato Francesco Travaglini, che abbiamo ricontattato dopo gli ultimi sviluppi parlamentari:

La relatrice Mongiello ha chiesto espressamente che ci siano audizioni dei ministri di Agricoltura e Giustizia Martina e Orlando. L’ambiguità della legge è stata quindi tacitamente sancita dalla Camera. Entro il 31 gennaio si procederà con una serie di audizioni in cui saranno sentiti i pareri di tutti gli organi interessati: associazioni, autorità di vigilanza, forze di polizia e i due ministri. Addirittura la presidente della Commissione giustizia, pur restando prudente sull’opportunità di ascoltare in audizione i due ministri, ha parlato di termini ben più lunghi per la conclusione dell’iter, spostando il calendario fino all’ottobre del 2016, dead line fissata dall’Unione Europea.

La nostra allerta, quella dei produttori artigianali, resta alta, pur nella consapevolezza di avere in Colomba Mongiello un elemento di garanzia: pur essendo la relatrice è stata la prima a ravvisare i punti deboli del provvedimento e a tirare il freno a mano per operare i cambiamenti opportuni. Detto questo va anche aggiunto però che i piccoli produttori sono piuttosto scoraggiati dalla superficialità con cui il governo agisce: con una mano spende 50 milioni per tutelare il made in Italy e con l’altra prova ad avalla provvedimenti come questo decreto legislativo che fa quasi credere che il lavoro lobbystico dei grandi produttori abbia avuto la meglio.

Un aspetto che mi sembra importante da mettere in evidenza è che più della metà dei firmatari della nostra petizione arriva da consumatori statunitensi, sbalorditi da quello che potrebbe succedere. Per questo successo dobbiamo ringraziare una serie di esportatori seri, gente che tratta di vero made in Italy e che ha fatto conoscere la petizione fuori dei nostri confini.

16 dicembre 2015, il decreto legislativo sulle contraffazioni arriva alla Camera

L’olio extravergine d’oliva, una delle più acclarate eccellenze dell’agroalimentare italiano sembra non avere pace: dopo la disastrosa annata 2014 e lo scandalo-contraffazione di cui potete leggere nel paragrafo più sotto, ora “l’oro verde” si trova sotto attacco dal… governo! Non è una battuta: è in discussione proprio oggi alla Camera un decreto legislativo che, se non sarà emendato, di fatto garantirà mano libera ai grandi truffatori, obbligandoli a pagare solamente un’ammenda irrisoria.

Per capire meglio i rischi che corre il milione (circa) di produttori artigianali di olio extravergine di oliva, abbiamo sentito Francesco Travaglini, presidente di Molisextra, associazione di coltivatori olivicoli molisani, che ha lanciato una petizione indirizzata presidente del Consiglio e al ministro dell’Agricoltura, perché il decreto legislativo sia modificato.

La discussione di questa legge alla Camera, arriva paradossalmente dopo un maxi sequestro da settemila tonnellate di olio contraffatto, eseguito a Bari pochi giorni fa. La nuova legge dovrebbe andare a colpire proprio chi scrive descrizioni false sulle etichette, ma secondo gli articoli 4 e 5 del testo, l’unica sanzione applicata sarebbe un’ammenda amministrativa tra i 1600 e i 9500 euro. Una volta pagata la multa, il truffatore sarebbe al riparo da qualsiasi azione penale nei suoi confronti. Per tornare al sequestro di cui parlavamo prima, è facile fare i conti: se su quell’olio extravergine contraffatto si guadagnasse anche solo a mezzo euro al litro, renderebbe tre milioni e mezzo di euro, “sdoganati” con soli 9500 euro di sanzione. E’ evidente che la salvaguardia del made in Italy non può funzionare così.

Questo è quanto tutti noi produttori (e non solo) abbiamo capito leggendo il testo. Ieri il Ministro Martina ha ammesso in una nota che il decreto è stato scritto in modo poco comprensibile e che l’azione penale contro i truffatori resta in vigore e che il “pericolo depenalizzazione” non va preso in considerazione. Noi confidiamo molto in Colomba Mongiello, relatrice della bozza di decreto, che si sta battendo con tutte le sue forze perché dal testo siano eliminate tutte le ambiguità. Il nodo principale, quello a cui teniamo di più, oltre al mantenimento del reato penale, è l’introduzione di una proporzionalità tra l’ammenda e il quantitativo di olio contraffatto: il tetto di 9500 euro è completamente insufficiente nel caso di maxi adulterazioni.

Ma c’era bisogno di una nuova regolamentazione in materia?

In effetti la motivazione per cui è stata pensata questa nuova legge è un po’ ridicola: si voleva punire un nuovo tipo di truffa, come per esempio la presenza di una bandierina italiana sull’etichetta a fronte di una dicitura di provenienza extraitaliana in controetichetta. Non mi pare una fattispecie credibile: vuoi che un truffatore sia così stupido da scrivere che l’olio arriva dall’estero e poi appiccica un tricolore sull’etichetta? Nemmeno la Banda Bassotti potrebbe architettare un piano così fallimentare! E’ insomma evidente che da parte del Ministero delle Politiche Agricole c’è un classico tentativo di arrampicarsi sugli specchi, spero per salvarsi la reputazione a causa di un grossolano errore di scrittura, perché se il motivo fosse un altro non saprei proprio cosa pensare.

E’ disarmante in ogni caso il modo superficiale con cui è stato trattato uno dei fiori all’occhiello del made in Italy come la coltivazione degli ulivi. Il 10% dei terreni agricoli italiani è occupato da ulivi, quindi non stiamo parlando solo di lavoro e produzione agricola, ma pure di salvaguardia del paesaggio, come ci ricorda l’articolo 9 della Costituzione.

La discussione del decreto legislativo prende il via oggi pomeriggio alla Camera, nella speranza di tutti che il testo sia migliorato.

Olio extravergine di oliva contraffatto: il re è nudo

L’inchiesta del pubblico ministero torinese Guariniello sulla contraffazione di olio extravergine d’oliva da parte di alcuni grandi marchi italiani riporta l’attenzione su temi che affrontiamo spesso sulle pagine del nostro magazine: i metodi di autodifesa che il consumatore può mettere in campo contro le “prese in giro” del mercato.

Lo scandalo dell’olio extravergine falso è solo la punta di un iceberg di truffe di cui siamo vittime, la maggior parte delle volte inconsapevoli, perché le inchieste della magistratura sono l’eccezione e non la regola. Per fortuna ogni tanto le magagne emergono e sono perseguite, ma come sempre l’autotutela è l’arma migliore che abbiamo a disposizione, quella che possiamo sfoderare sempre, in ogni condizione e di fronte a qualsiasi prodotto sospetto.

Le regole base della “cultura della spesa“, che suggeriamo spesso sulle nostre pagine (leggere le etichette, investire tempo nella conoscenza di produttori e venditori, informarsi sui siti dei produttori, non esitare a denunciare palesi sofisticazioni), sono molto più facili da mettere in pratica se le nostre scelte, soprattutto per quanto riguarda gli acquisti nel comparto agroalimentare, sono dirette verso prodotti artigianali. La vicinanza tra produttore e consumatore è estremamente maggiore, rispetto al rapporto che si può avere con una grande marca industriale, così spersonalizzante. Non a caso le multinazionali, sempre devote al solo dio-profitto (non dimentichiamocelo mai!) hanno saccheggiato a piene mani nell’immaginario collettivo dell’artigianalità. Basta guardare la semantica delle confezioni dei prodotti industriali che abbondano di parole come “tradizionale”, “genuino”, “vero”, per non parlare dei riferimenti ai “nonni”, così rassicuranti. Si tratta di balle. Né più né meno.

A volte la malafede è sbugiardata, come nell’ultimo caso dell’olio extravergine, ma i prodotti made in Italy sono così tanti che non possiamo fare affidamento solo sulla magistratura: occorre che mettiamo in campo tutta la nostra intelligenza e ci lasciamo alle spalle la pigrizia del “consumatore passivo”, quello che, per restare al caso-olio, si accontenta di spendere poco, quando si sa che l’olio extravergine vero ha un prezzo sotto il quale non può scendere.

Solo il cliente esigente ottiene la qualità.

 

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